domenica 22 maggio 2011

Sposarsi in Mauritania


il matrimonio è un rito importante nelle società umane. L'organizzazione e la dinamica dei matrimoni raccontano della cultura che li esprime. 

Qualche settimana fa ho potuto osservare in prima persona un matrimonio mauritano. La sorella di un collega mauro si sposava e lui ha onorato alcuni amici dell'invito. 

Nel salotto climatizzato gli ospiti parlavano dell'importanza di sposarsi giovani. Le donne devono trovare marito entro i 18-20 anni, per essere belle e fare figli. Gli uomini dovrebbero sposarsi almeno una volta entro i 30, perché avere moglie li aiuta a vivere in modo regolare e rispettoso della Sharìa. 

Comunque ecco come funziona il matrimonio mauritano. La famiglia della sposa organizza la festa e invita tutti gli amici e i parenti della sposa. Lo sposo non è invitato e non va. Però a un certo punto della serata manda i suoi amici, fratelli e cugini a rapire (sì sì, a rapire) la sua sposa. Per questo la sposa nel frattempo viene nascosta da qualche parte in casa della sua famiglia, durante la festa. Gli amici dello sposo arrivano a casa della sposa, fanno a botte con gli uomini della sua famiglia, fanno irruzione e iniziano a cercarla. Quando l'hanno trovata la portano allo sposo e dal momento in cui lei esce dalla casa del padre esce anche dalla sua famiglia, per entrare in quella di suo marito. 

La mattina dopo la famiglia dello sposo, gli amici e tutti i vicini vanno a casa dello sposo a vedere se sul lenzuolo c'è il dovuto sangue virginale. Se non c'è scoppia un casino, motivo per cui spesso lo sposo fa prima a sgozzare un pollo e scuoterlo sul letto. 

Un bel rito, no?

domenica 10 aprile 2011

berberi, arabi o musulmani?


E' arrivato il caldo, 40 gradi di giorno e 30-35 di notte. Un po' troppi per i miei gusti ma almeno non c'è umidità. C'è così poca umidità che l'aria sa di sabbia, e in parte è sabbia. Meno male che a casa ho il climatizzatore. In ufficio c'è ma non funziona. 

Caldo a parte, la vita qui è gradevole e i mauritani sono gentili e ospitali. Poi c'è Al Qaida che permea il tessuto sociale. A non conoscere la società mauritana si non si capisce come facciano queste due componenti a coesistere. Il fatto è che c'è una dinamica conflittuale tra la cultura tradizionale berbera e una cultura estremista islamica tutto sommato recente. I berberi nomadi sono sempre stati tolleranti, indipendenti ma rilassati, ospitali e accoglienti. Da secoli si vivono l'islam a modo loro. Dopo l'indipendenza dalla Francia però l'islam è diventato un cemento di unificazione nazionale e movimenti religiosi radicali hanno sempre più messo penetrato la società mauritana. Per questo ogni tribù, ogni famiglia, ogni mauritano deve bilanciare dentro di sé un equilibrio tra un sistema di valori tradizionale e la pressione degli ambienti religiosi. 

Il risultato è un paese dove fanno a gara ad invitare lo straniero a pranzo, viziano l'ospite d'ogni nazionalità con tutte le attenzioni, accogliere i viaggiatori è sacro, offrire il tè è un rito. Allo stesso tempo però le bambine subiscono mutilazioni genitali e infibulazione, l'omosessualità è punita con la morte, le donne sono costrette a mangiare perché una donna grassa è più facile da sposare, gli stupri e gli abusi sia in famiglia sia fuori sono tanti e tollerati. 

E' difficile diventare amici dei mauritani perché anche chi ha viaggiato, anche chi condanna certe pratiche è figlio di questo conflitto culturale e ne subisce l'influenza. 

venerdì 1 aprile 2011

Invito a Pranzo con Sorpresa


il bello del mio ufficio è che la maggior parte di chi ci lavora è mauritano. Succede a volte che dei colleghi mi invitino a mangiare a casa loro, che è un bel modo di entrare dritti dritti nelle stanze di vita quotidiana mauritana. 

Tempo fa sono stato ad un pranzo divertente, sorprendente. Una collega maura ha invitato una sua cugina, due sue amiche maure e tre colleghi italiani tra cui me. Totale di cinque donne e due uomini. 
Visto che l'alcohol è vietato, a pranzo si arriva di solito con dei pasticcini o del gelato. Ma qualunque cosa si porti verrà dispersa nell'opulenza che viene mostrata sulla tavola imbandita ogni volta che un mauro ti invita a casa sua. 

Comunque dessert alla mano mi presento a casa della nostra ospite in compagnia degli altri italiani. Più che di una semplice casa, si tratta di una proprietà circondata da un muro di cinta al cui interno, nascoste da un lussurreggiante giardino, si ergono alcune costruzioni indipendenti. Una grande casa in mezzo al parco e diverse casette più piccole disperse tra gli alberi. E' un'architettura che interpreta la società tribale. Nella grande casa sta il maschio dominante con la sua famiglia più stretta e nelle case satellite stanno i cugini e i familiari meno importanti. Tutti vivono vicini, circondati dallo stesso muro di protezione in una sorta di villaggio familiare. Di queste costruzioni ce ne sono molte in città, una per ogni famiglia ricca, e ospitano decine di persone. 

Tolte le scarpe all'ingresso, siamo accolti nel salotto principale dove resteremo tutto il pomeriggio. Il giro della casa non è previsto, soprattutto per un motivo pratico. Se girassimo per le stanze dovremmo esser presentati a un sacco di persone e, considerato il cerimoniale da seguire ogni volta, ci servirebbero delle ore. 

Il salotto è ricoperto dagli immancabili tappeti e lungo tutte le pareti è appoggiato un lunghissimo divano arricchito da ricami in oro e da una buffa radio incastonata in un angolo, un po' anni '70. Al centro un tavolo basso rotondo e qua e là dei carrelli colmi di bibite e datteri. 

Tranne la collega italiana, le donne sono tutte vestite con la melahfa, il velo integrale tradizionale. Facciamo un po' conversazione, beviamo qualcosa e presto viene il momento di mettersi a tavola. Prima di mangiare passa un servitore con una caraffa d'acqua e un recipiente d'argento sul quale è appoggiato un sapone. Si mangia con le mani e quindi a turno ce le laviamo mentre il ragazzo si china per versarci l'acqua. 

Il piatto unico è il thièboudien, il riso al pesce e verdure, servito in una grande padella al centro del tavolo da cui tutti si servono. E' un po' scomodo stare seduti a terra e mangiare ad un tavolo basso, purtroppo non sono capace di stare nella posizione del loto.  

Dopo il pasto la servitù toglie la padellona, ripassa per farci lavare le mani e porta i piatti con i dessert. Ed è a questo punto che si sente che l'atmosfera si rilassa e la compagnia si fa più aperta, più intima. Mentre beviamo il tè alla menta la conversazione scorre veloce come tra amici di sempre. La nostra ospite e le sue amiche maure iniziano a parlarci come si parlano tra loro in confidenza e noi italiani ci troviamo nel bel mezzo di un pomeriggio di ciane tra ragazze. 

Tra i ricordi della loro adolescenza e lo strano gossip di una società tribale le donne maure stupiscono per...diciamo sfrontatezza. Senza mai rinnegare apertamente la religione parlano a lungo dei loro rapporti sessuali prematrimoniali, extraconiugali, impropri. Raccontano barzellette così sfrontatamente volgari da non fare ridere. Mentre parlano fumano ma quando la madre fa capolino nella sala le sigarette spariscono frettolosamente, non sta bene che una donna fumi, soprattutto in presenza di uomini. 

Noi occidentali siamo sorpresissimi della naturalezza con cui esprimono la loro emancipazione, come se non vedessero le stridenti contraddizioni, l'ipocrisia del nascondersi per "rispetto" della religione. Soprattutto siamo sorpresi che si mostrino così a noi che tutto sommato siamo estranei. Ma non siamo musulmani né arabi quindi nessun problema. 

Sono le 18h, il tè è finito e il gelato avanzato si è sciolto. E' ora di tornare ognuno a casa sua, domani si lavora.

venerdì 25 febbraio 2011

le cose fatte bene


Il lavoro procede più lentamente di quanto vorrei. Un po’ è forse colpa mia, tutto sommato sto ancora imparando. Però ci sono anche degli ostacoli oggettivi. Facciamo un esempio: le riunioni. A Bruxelles se organizzi una riunione alle 5 del pomeriggio va bene a tutti e si presenteranno da te alle 5 meno 10. Qui la prassi è diversa. Una riunione dopo le 3h30 del pomeriggio non è accettabile, anche perché le riunioni iniziano spesso con una mezz’oretta di calma. 

Però poi le cose vengono fatte, non si sa come. C’è una elasticità, una malleabilità mentale che è facile scambiare per pressappochismo. Un esempio: l’altro giorno ero nell’ufficio di un collega e un’assistente lo stava aiutando a mandare un’email che non voleva partire. Sai quando sei convinto d’avere l’indirizzo corretto e la mail ti torna indietro. Chissà com’è chissà perché e tutti ad interrogarsi sul motivo che impediva alla mail di partire. Faccio notare che il server dice che l’indirizzo non è corretto. Dice il collega: ah, allora aspetta provo a mettere le iniziali del nome in maiuscolo o forse ci metto un punto qui o uno spazio lì. Io inorridisco: gli spazi non sono accettati nell’ortografia degli indirizzi email, che peraltro non riconoscono differenze tra maiuscole e minuscole, infine i puntini mica li puoi mettere a caso! Inorridisco ma me ne sto zitto. E meno male, perché una volta aggiustato l’indirizzo con questi arrangiamenti raffazzonati il server ha fatto partire la mail. Sicuramente era un server africano, pressappochista pure lui.

domenica 20 febbraio 2011

l'occhio del ciclone

 Sarà per il rischio terrorismo, sarà perché in questi giorni c’è un summit pan-africano per risolvere la crisi in Cote d’Ivoire, sarà per la paura di rivolte popolari d’importazione egiziana, comunque in tutta la città la presenza militare sta aumentando parecchio. 

L’altro giorno ero a pranzo con gli spagnoli in un ristorante senegalese in centro. A metà pasto arriva l’esercito, 4 uomini in divisa verde, baffetti e AK47 d’ordinanza. A noi europei uno sguardo sommesso e un gesto di saluto; la proprietaria senegalese non è altrettanto rispettata. Documenti prego. Suo marito dov’è, perché non è con lei? Le dispiace se diamo un’occhiata in giro?

Durante la notte nel fine settimana ad ogni incrocio c’è una pattuglia con un fuoristrada di traverso che ferma tutte le auto che passano, torcia elettrica sul viso e poi dentro l’auto. Anche qui, il bianco viene trattato con i guanti, saluti come se foste amici d’infanzia, gran strette di mano e loro son contenti, puoi passare. Non ti chiedono nessun documento, non guardano se hai bevuto o se non hai la cintura. Vogliono sapere se hai esplosivo o armi, ma se sei bianco non c’è pericolo, te la cavi con un sorriso. 

In questi giorni poi il mio quartiere è in subbuglio. Sì, perché il Presidente della Repubblica mauritana è stato nominato dall’Unione Africana come mediatore per risolvere la crisi in Cote d’Ivoire. Perciò a partire da oggi in un hotel di Nouakchott si tiene un summit con tutti i capi di stato e di governo implicati nelle negoziazioni. L’hotel dove si tiene il summit è il palazzo accanto a casa mia. Li vedo dalla finestra. Da ieri e per una settimana l’intero quartiere è l’epicentro dell’Africa politica. E casa mia è il palazzo accanto all’occhio del ciclone. Tutto tranquillo in apparenza ma un gran casino tutto intorno. La presenza militare nei dintorni di casa è imponente quanto disordinata. Comunque è un fiorire di fanteria armata di kalashnikov e a guardare dalla finestra si vedono dei cecchini sui tetti dell’hotel. Aspetta che tiro le tende vah. 

lunedì 14 febbraio 2011

Quattro ruote motrici


Finalmente ho un’auto, una Nissan Terrano II 4x4. La mia padrona di casa ha una figlia che per almeno un altro anno non torna dalla Francia e così abbiamo trovato un accordo. Le pago un fisso ragionevole al mese e uso l’auto della figlia. Da qualche giorno quindi girovago col mio nuovo fuoristrada per tutta Nouakchott. Finalmente inizio a capire dove stanno le cose.



Sabato mattina sono andato al marché capitale a comprarmi un hauli, la sciarpa-turbante di tre metri che si arrotola sulla testa secondo la moda touareg. Per vento e polvere è eccezionale. Contento del prezzo negoziato al ribasso ho offerto un passaggio al mercante che me l’ha venduta. Vai a casa? Dov’è? Ah, quartiere Arafat… ok. Il quartiere Arafat è il più povero della città. Ed è anche il più a sud, dalla parte totalmente opposta a casa mia. È, per capirci, dove è scoppiata l’autobomba due settimane fa. Ormai però ho promesso a Baba che lo accompagno. Mentre siamo per strada il panorama cambia e diventa una baraccopoli. Baba telefona a casa. Parla hassanya ma so cosa sta dicendo. Quando arriviamo, davanti a casa sua si è radunata la famiglia. La moglie, i tre figli piccoli, il padre e il fratello della moglie. È stato Baba ad avvisarli, voleva farsi vedere accompagnato a casa da un toubab, un bianco. Me li presenta tutti uno ad uno, mi promette un prezzaccio se mai volessi acquistare un boubou (l’abito tradizionale mauritano) e ci salutiamo. Riesco incredibilmente a ritrovare la strada verso il centro città, passo da casa e poi vado in spiaggia con amici. Avere la macchina è una svolta!

venerdì 11 febbraio 2011

Che c'è per pranzo?


La Mauritania non esiste. È un paese meticcio, una risultante a metà strada tra il Marocco, il Mali e il Senegal. La popolazione si divide equamente tra magrebini, berberi e neri. L’arabo che si parla qui è un dialetto spurio mischiato col wolof. E il cibo non fa eccezione. 

La cucina mauritana non esiste. Da una parte esiste la cucina povera dei mori magrebini e berberi. Sono popoli tradizionalmente nomadi perciò la loro cucina si limita a carne, latte e datteri. Da bere tè alla menta decotto. Nient’altro. Altrimenti esiste la cucina di derivazione senegalese che a Nouakchott è quella più apprezzata. 

Quello che potremmo definire il piatto nazionale mauritano, che è anche il piatto nazionale senegalese, è il Thiéboudiène, letteralmente riso al pesce in wolof. Ha un letto di riso rosso dal sapore speziato sopra cui viene appoggiata una gran varietà di pesce sia fresco sia essiccato in polpettine e molte verdure stufate. In alternativa al pesce, c’è anche il riso alla carne, preparato allo stesso modo. Si serve tradizionalmente in un grande vassoio circolare da appoggiare al centro del tavolo e da cui tutti mangiano con le mani arrotolando polpettine di riso e pesce. 


Un altro piatto molto comune, sempre senegalese di origine, è lo Yassa poulet. Si fa marinare il pollo tagliato a pezzettini nel succo di molti limoni verdi per almeno una notte intera insieme a olio d’arachidi e diverse spezie e poi si cuoce il tutto in un sughino di cipolle. Accompagnato da riso bianco.


Il contributo moro/berbero alla cucina mauritana è la proibizione della carne suina e l’abbondanza di cous cous, spesso preparato con la carne di dromedario. Salcicce, costolette, salami, mortadelle e prosciutti sono introvabili in Mauritania e bisogna fare senza. Se proprio sentissi il bisogno di mangiare suino, il ristorante italiano offre salcicce di facocero tutto sommato buone. La carne di dromedario, che mi avevano detto essere immangiabile, ha invece un sapore accettabile. Però è di gomma. Tu la mastichi e quella non si riduce e anzi torna sempre nella forma iniziale. Sconsigliata.

lunedì 7 febbraio 2011

Off road


Nouakchott non è sul mare, l’hanno costruita a una decina di kilometri dall’acqua. È una cosa strana, in apparenza. Hai un deserto che ti assedia e decidi di voltare le spalle all’oceano. Eppure a guardar bene per la società nomade berbera l’oceano è la vera barriera mentre il deserto è una via di comunicazione, di commerci. Non a caso Nouakchott negli anni si è ingrandita verso il deserto, perché via via che i nomadi si stanziavano alla periferia della città lo facevano venendo dall’interno. Insomma non ci sono spiagge cittadine e per andare al mare bisogna fare quindici/venti km almeno. Meno male ci sono gli amici e in spiaggia vado con loro.

Ci sono due tipi di spiagge intorno a Nouakchott. Ci sono ottocento kilometri di spiaggia selvaggia, incontaminata e vuota e poi c’è ‘Les Sultanes’ che è quanto di più simile a uno stabilimento balneare la Mauritania abbia da offire. In pratica, una baracca di paglia che fa da bar/ristorante e che affitta sdraio e ombrelloni da piantare a richiesta. È un posto per toubab, per bianchi, si vede dai prezzi e dal fatto che vende bevande alcoliche.

La settimana scorsa, prima dell’attentato e degli scontri a fuoco di questi giorni, ero a Les Sultanes con la solita banda di spagnoli (i quali ho appurato girano sempre in gruppi di almeno dieci). Al bar conosciamo un altro spagnolo che a vederlo così pensi sia un altro di questi loschi trafficanti bianchi che si incontrano spesso qui. E invece è il capo di Coca-Cola Mauritania. Ma le due cose non sono necessariamente in contraddizione. Comunque dopo la giornata di mare ci convince a tornare a Nouakchott passando per la spiaggia invece che per la strada asfaltata, che corre parallela 5 km nell’interno. Dice che lui riconosce il sentiero che alle porte della città bisogna prendere per rientrare in città e che lui col suo 4x4 andrà davanti e noi col nostro possiamo seguirlo. Nel rapido consulto tra noi vengono fuori i seguenti dubbi: non abbiamo esperienza di guida con le ridotte e per di più su sabbia, dune e burroni, è buio ormai e la marea si sta alzando velocemente, se ci assaltano di notte in spiaggia non possiamo sperare nell’aiuto di nessuno, non conosciamo in realtà questo spagnolo che ci ha proposto di formare questa carovana e infine il nostro 4x4 è vecchio e stanco. A tutto questo va aggiunto che per venire in spiaggia siamo passati dal check point militare all’uscita della città e in teoria dovremmo rientrare attraverso un altro check point per segnalare che siamo rientrati in città. Se passiamo dalla spiaggia nessuno saprà che siamo rientrati in città e la polizia potrebbe risentirsi. Ponderati superficialmente i pro e i contro decidiamo che l’avventura vale la pena e affrontiamo la sabbia. In fondo si tratta di pochi kilometri.


Nella mezz’ora di viaggio ci insabbiamo varie volte ma tutto sommato ce la caviamo e anzi c’è da divertirsi. Arriviamo quasi alle porte di Nouakchott quando ci insabbiamo ancora una volta e questa volta la nostra guida non ci aspetta, forse perché ormai eravamo quasi arrivati. Solo che a questo punto non sappiamo più dov’è il sentiero e quindi andiamo dritti fino al porto dei pescatori. Sono quasi le 20h, è l’ora in cui i pescatori tornano dalla giornata con il carico di pesce e mettono a secco le piroghe. Per noi significa fare lo slalom a passo d’uomo tra barche, carriole, bancarelle, montagne di pesce, donne che sedute per terra preparano il tè e bambini che corrono in ogni direzione. Dando meno fastidio possibile usciamo dal mercato e ci infiliamo nel traffico. Ormai siamo arrivati

giovedì 3 febbraio 2011

servirebbe un'auto



A Nouakchott non si cammina. Un po’ per questioni di sicurezza, un po’ perché la città è vasta, un po’ perché camminare sulla sabbia stanca. E tra un paio di mesi quando durante il giorno la temperatura salirà anche oltre i 45° camminerò ancora meno volentieri. Adesso fa fresco. Durante il giorno la temperatura sale a 30° e la notte scende intorno ai 20°. La sera quando esco in maglietta mi diverto a prendere in giro i miei guardiani che dalle quattro del pomeriggio si mettono la giacca a vento imbottita e i guanti di lana.
Loro esagerano ma oggi è successa una cosa inaspettata: la pioggia. In Mauritania ci sono due stagioni, la secca e l’hivernissage da agosto a settembre in cui piove. In gennaio non dovrebbe piovere. Intendiamoci, sono cadute due gocce, roba che a Bruxelles neanche si chiama pioggia anzi probabilmente lì la qualificano come nebbiolina. Però queste due gocce sono bastate per trasformare tutta la sabbia della città in fango. È stato un inferno, non immagino cosa sia la stagione delle piogge.


Comunque il punto è che non avere la macchina è una rottura di scatole. A parte un supermercato e un fastfood halal non ho niente a portata di passeggiata. Durante i giorni lavorativi prendo il taxi per andare e tornare dall’ufficio e la sera non esco: la notte non ci sono taxi e comunque non c’è niente da fare. Durante il fine settimana però non avere la macchina è un handicap. Guidare mi ha sempre aiutato a conoscere le città velocemente e a orientarmi. Certo che comprare una macchina per poi doverla rivendere tra 5 mesi è una follia dal punto di vista finanziario ma soprattutto significa impigliarsi nella burocrazia mauritana. Sto esplorando la possibilità di affittare un’auto per 5 mesi a un prezzo forfaittario, sarebbe una svolta. L’alternativa è comprarsi uno scooter in barba a ogni singola regola di sicurezza del manuale. Affascinante.

Bombe che bussano alla porta

Ieri notte c’è stato un attentato suicida a Nouakchott.

Ecco gli eventi. Due sere fa un’agenzia stampa batte la notizia che alcuni pick-up attribuiti ad al Qaida nel Magreb Islamico (AQMI) hanno forzato un posto di blocco al confine tra Mali e Mauritania. Non si sono fermati all’alt della polizia, hanno risposto al fuoco e sono riusciti a far perdere le loro tracce. La mattina successiva non dovevo andare in ufficio ma in un hotel vicino casa dove era organizzato un team building exercise di tutto l’ufficio. Prima di iniziare, il nostro security officer prende la parola e ci informa di quello che già avevamo letto, arricchendo il racconto di dettagli non pubblicabili. La mattinata procede col lavoro di gruppo senza troppi pensieri, in fondo si tratta di movimenti sospetti ma non ancora di minaccia concreta. Ma la pausa caffè è un fiorire di interpretazioni e ipotesi. Una collega che vive vicino alla residenza del Presidente della Repubblica ci dice d’aver sentito colpi d’arma da fuoco nella notte. Dopo pranzo di nuovo il security officer, in costante collegamento con il ministero degli interni, ci informa degli sviluppi. I pick-up sono quattro, uno è stato neutralizzato sulla route de l’Espoir, nell’est del paese, uno è stato avvistato nel sud, vicino a Rosso ma è riuscito a fuggire e degli altri due non si hanno notizie. Continuiamo a costruire lo spirito di squadra nell’hotel fino alle 17 quando ci salutiamo. Alle 19 vado a giocare a calcio in un campetto (con mura di cinta) proprio accanto alla Delegazione dell’Unione Europea e mentre mi cambio la conversazione con i compagni verte sui movimenti delle ultime ore. Un ragazzo della squadra avversaria, reporter a Nouakchott per un’importante agenzia di stampa internazionale, ci dice che secondo le sue fonti la faccenda è seria. Sono le 21h30 quando sono a casa. Il tempo di una doccia, una cena davanti al pc ed è ora di mettersi a letto. Non ho sonno e mi metto a leggere. Mancano pochi minuti alle 2 quando sento un colpo forte alla porta, una specie di tuono concentrato sul legno della porta. Il primo pensiero è una folata di vento. No, troppo forte. Allora mi alzo e vado a vedere pensando di trovare il cooperante spagnolo del piano di sopra che è svenuto ubriaco davanti al mio terrazzo. Ma niente. Guardo fuori sospettoso ma per quel che vedo la città è tranquilla.
La mattina dopo alle 6h30 mi accorgo di star pensando “che strano suono ha la sveglia stamattina”. Non è la sveglia ma la radio-trasmittente che gracchia codici e chiede risposte. Mentre fornisco il mio codice personale non sono preoccupato, non penso ‘oddio chissà cos’è successo’, non collego il boato della notte con l’attività della radio. Nel dormi-veglia non sono molto reattivo e mi viene in mente solo che ho finito il latte per la colazione. Ma il funzionario gracchia di fretta informazioni incerte. Colpi di fucile, una bomba, alcuni morti, situazione da chiarire, richiameremo più tardi. Vorrei correre su internet ma porca @%&#@* da due giorni la chiavetta non si connette. Mi lavo e telefono a una collega la quale però sa solo quello che so anch’io, anche lei informata (male) dalla radio-trasmittente. Su internet non c’è niente. In televisione niente. Vado nell’hotel dove grazie al wifi mi sento più padrone della situazione. Sono in anticipo di un’ora ma la sala è già popolata da alcuni altri colleghi che hanno forse avuto la stessa idea. Alle 9h30 (finalmente!) il nostro solito security officer ci dà un primo resoconto dei fatti.

Alle 1h50 una delle jeep di AQMI è entrata a Nouakchott ad alta velocità da Sud, non si è fermata al posto di blocco ed è stata quindi inseguita. È seguita quindi una sparatoria ad alta velocità e quando i veicoli militari avevano ormai quasi raggiunto il pick-up kamikaze il conducente di quest’ultimo ha fatto detonare la tonnellata e mezzo di esplosivo che trasportava. Questo è successo a 20km da casa mia, ecco perché la città dalla mia terrazza sembrava tranquilla. Come conseguenza dell’esplosione sono morti i terroristi sul veicolo e sono rimasti feriti dei soldati. Quanti terroristi sono morti è incerto, due o tre secondo le versioni. I soldati feriti oscillano tra sei e dodici, alcuni forse sono morti ma il governo non lo dirà mai.

Poche ore più tardi l’azione viene rivendicata da al Qaida che dichiara apertamente di mirare all’assassinio del Presidente della Repubblica. Il governo tuttavia nel pomeriggio pubblica un messaggio in cui afferma che, avendo interrogato un prigioniero, hanno scoperto che l’obiettivo era una caserma dell’esercito.
Mi salta all’occhio che all’appello manca ancora un ultimo pick-up. 

sabato 29 gennaio 2011

Venti digitali di rivoluzione

Da qui non è che abbia un buon punto d’osservazione per seguire gli avvenimenti esteri. La televisione in casa prende soltanto canali in arabo e comunque la televisione mauritana è sotto controllo governativo. Leggo le notizie on line ma la lentezza della connessione mi impedisce di guardare video. Vivo perciò con relativo distacco gli avvenimenti in Tunisia, Algeria, Egitto e Yemen. Leggo tutto ma, abituato come sono ad un continuo flusso di video d’informazione e reportage, non sento lo stesso peso specifico degli eventi per quanto riconosca il momento storico.

I miei amici mi chiedono se la stessa cosa potrebbe succedere qui. Non so rispondere, il presidente sembra avere il controllo saldo e la popolazione non sembra aver voglia di rivoltarsi. Ma non è quello che si pensava della Tunisia e dell’Egitto?

I giornali dicono che queste rivoluzioni sono organizzate su twitter e si propagano via facebook. Spero sia vero, è bello vedere che internet può davvero essere uno strumento di libertà ed espressione popolare. In Mauritania sia facebook che twitter sono permessi ed infatti l’uomo che la scorsa settimana si è dato la morte incendiandosi dentro la propria auto ha lasciato il suo messaggio di addio su facebook.

In attesa di vedere se i mauritani faranno come i tunisini e gli egiziani rifletto sulla modernità che arriva tutta insieme via internet. Tante persone che non sono mai uscite dal paese hanno improvvisamente accesso a tutto quel che c’è su internet ed è un’overdose di libertà che provoca effetti strani ma divertenti. L’altro giorno passeggiavo verso casa di un amico e su un muro ho visto un graffito che leggeva “G-Unit represents”, tipico slang da rapper americani. Dimmi te che c'entra. Ogni tanto in giro si vedono ragazze more (le arabe, per distinguerle dalle nere) vestite mischiando l'abito tradizionale e lo stile di Miami Beach. Ma il caso più divertente è quello di un ragazzo nero che vedo sempre all’incrocio davanti a casa mia dove vedo sempre la stessa decina di persone a chiedere l’elemosina. Questo ragazzo sui 20 è lì che gira per le macchine spingendo sua nonna in carrozzella. La nonna è vestita alla mauritana e porge il palmo per ricevere monete, il ragazzo è vestito come Kanye West in concerto al Madison Square Garden e ascolta la musica con un lettore mp3.

In attesa della rivoluzione la nuova generazione di Nouakchott è pronta per  una discoteca e un MacDonald's, purché halal.

mercoledì 26 gennaio 2011

Mazzi di soldi


Ormai sono ben sistemato. Ripenso con sollievo ai primissimi giorni e agli ostacoli che ti si parano davanti quando arrivi a Nouakchott.

Ad esempio i soldi. Le banche in europa non hanno valuta mauritana, le ougiya. Le devi comprare una volta qui. E come le compri? Certo non puoi semplicemente ritirare al bancomat, la carta europea non funziona. Potresti ritirare con la carta di credito, in teoria. Ci sono 2 banche che permettono di ritirare ougiya con carte di credito internazionali. Ci sono stato varie volte, la societé générale non accetta Mastercard, la BNP sì ma è fuori uso. Chiedo al guardiano da quanto tempo è fuori uso lo sportello, risponde confuso che non si ricorda, buon segno! Se hai euro in tasca puoi sempre andare al mercato del pesce a cambiarli dai baracchini agli angoli delle strade, pare che applichino un tasso ragionevole. Ma l’idea di andare al mercato più disordinato del pianeta con in tasca centinaia di euro non mi sembra intelligente. Gli amici si offrono di anticiparmi qualcosa e sicuramente fa comodo. Accetto ma si tratta di poca roba tanto per mangiare. Presto però avrei avuto bisogno di pagare l’affitto. 

Insomma avevo bisogno di cash. Fortunatamente sono venuto a sapere da un tipo che conosce un tipo che c’è un altro tipo (italiano) che vive qui da molti anni e che fa quello che qui tutti chiamano ‘la mafia dei soldi’. In pratica, tu gli fai un bonifico in europa e lui ti dà l’equivalente in ougiya. Lo incontro, è molto gentile e qualunque cosa gli chieda la sua risposta è “non c’è nessunissimo problema”. Il giorno dopo avevo mille euro in moneta locale in mano. Lo scambio è avvenuto al bar del centro culturale francese. Nella borsa un grosso sacchetto di carta gialla. Nel sacchetto di carta vari mazzi di banconote (spessore 5 centimetri). E’ chiaro, 1000€ cambiati in ougiya fa circa quattro kili di banconote. Rifletto su quale sia l’interesse del tipo e credo di trovare la risposta. Dato che è proibito portare fuori dal paese valuta locale per lui è un ottimo modo per mettere al sicuro dei soldi, in Europa.

Ottimo questo sistema ma tutto sommato preferisco non fare così ogni mese. Perciò vado a vedere l’ufficio amministrativo e concordiamo che mi daranno una parte del salario in ougiya. Ottengo nella stessa conversazione anche un telefono dell’ufficio e una chiavetta usb 3G per andare su internet da casa. Che comodità. 

lunedì 24 gennaio 2011

Pace apparente

La mattina vado a lavoro in taxi. Oddio, chiamarli taxi è troppo. Esco di casa e mi avvio sulla sabbia che fa da marciapiede. Praticamente tutte le auto che passano strombazzano e rallentano offrendosi di accompagnarmi. Faccio un cenno con la testa, si fermano, salgo, stringo la mano e concordo il prezzo. In realtà non è necessario, dovunque voglia andare sarò accompagnato per 200 ougiya, circa 50 centesimi di euro. Il prezzo è ormai uno standard per tutta la città ma è sempre bene mettere le cose in chiaro dall’inizio, in fin dei conti sono sempre un toubab, un bianco, e l’autista di turno potrebbe sentirsi legittimato a chiedere di più.

Naturalmente questo metodo per il trasporto urbano è ‘sconsigliato’ dalle direttive per la sicurezza del personale ONU. Ma l’alternativa è andare a piedi e quello è ancora più sconsigliato, perciò vedano un po’ loro. E poi lo fanno tutti e basta stare un minimo attenti. Quando si ferma la macchina controllo un po’ la faccia di chi guida, evito le auto affollate, prediligo le auto con una donna a bordo (in presenza di una donna non si può certo fare azioni violente).

Il taxi mi lascia proprio davanti alla porta di accesso all’ufficio ma spesso mi fermo al caffè tunisino che è all’angolo a fare colazione. La zona è popolata da bambini sui 9 anni sporchi e a piedi nudi che chiedono l’elemosina. Sono le scuole coraniche che li mandano in queste condizioni a mendicare e la cosa non mi piace neanche un po’. Mi dispiace non vi do niente.

Il lavoro inizia ad appassionarmi, sono davvero molto contento d’esser qui. Sto ancora leggendo e ci sono anche un milione di cose che non so ma sto iniziando ad imparare, anche grazie ai consigli di una collega italiana molto brava, molto intelligente e gentile. E poi ho vinto la timidezza iniziale e quando non so bene la procedura, la chiedo al mio assistente. E’ che non sono abituato ad avere un assistente ma ci sto facendo il callo. Gestisco il progetto di sviluppo parlamentare del parlamento mauritano e quindi passerò molto del mio tempo sia al senato sia alla camera. L’altro giorno ci sono andato per la prima volta con il mio capo che mi ha presentato alle persone con cui dovrò lavorare. I miei contatti sono i presidenti dei gruppi parlamentari, i direttori del servizio legislativo delle due camere e i direttori generali delle due istituzioni: sono un attimo intimorito. Il capo mi presenta come l’esperto internazionale di sviluppo parlamentare che è qui per seguire il progetto. Sprofondo nella sedia, ora che gli dico io a questi? Che ne so io della loro istituzione? OK ho letto il manuale, conosco la letteratura ma questi sono come gli squali, sentono l’odore del sangue da lontano. Speriamo bene.

Il Senato non è lontano dall’ufficio ma ci vogliono comunque 10 minuti in macchina. Il tragitto è gradevole dal finestrino del passeggero. L’autista guida sicuro la jeep bianca con la scritta blu e siamo veloci di ritorno. Per entrare nel parcheggio dell’ufficio assisto ad una procedura che non avevo ancora visto. La macchina viene tenuta in quarantena per un paio di minuti – con noi dentro  – mentre agenti della sicurezza si assicurano che nessuno abbia istallato una bomba a bordo. Mi sembra tutto ridicolo e ci rido su. Tuttavia il giorno dopo, proprio davanti al Senato dove ero il giorno prima, un uomo si dà la morte incendiandosi all’interno della sua auto per protesta contro il governo e il regime mauritano.

E’ strano perché la sensazione in giro è di libertà e relativa pace, non sento forti le tensioni che invece ci sono.





giovedì 20 gennaio 2011

vita sociale a basso volume


Durante il weekend ho trovato casa  e mi ci trasferisco ad inizio settimana dopo due settimane intere da Antonio. E’ un piccolo appartamento ammobiliato al primo piano di una bella casa piena di alberi. Proprio quello che mi serviva. Ha pure la lavatrice e una terrazza privata orientata a est dove fare colazione al sole diventerà un mio piacere quotidiano. L’indirizzo è rue de l’Ambassade du Senegal, poco dopo l’épicerie Banablanc. E’ un indirizzo già molto preciso perché la strada ha un nome. La maggior parte delle strade qui non ha nome. L’indirizzo dell’ufficio è: di fronte al commissariato Tevragh Zeina. L’indirizzo di casa di Antonio è: dietro la pizzeria Mamma Mia, sul goudron verso lo stadio (goudron significa strada alfaltata).

I giorni scorsi sono stati l’occasione per capire meglio come funziona la vita sociale qui. Nella Repubblica Islamica di Mauritania l’alcohol è proibito e la vita notturna ne risente. C’è un solo pub, che mi dicono essere gestito da un libanese, e un solo locale notturno che si vanta d’essere una discoteca ma ancora devo vedere per credere. In questa penuria la vita sociale fiorisce nelle case private dove più che altro si organizzano cene. Giannina ha organizzato una cena molto carina a casa sua dove il vino e la birra abbondavano. Ho scoperto così il sistema delle quote. In pratica ogni straniero che risiede qui ha diritto ad una certa quantità di bevande alcoliche che può acquistare direttamente all’ambasciata francese due volte l’anno. L’appuntamento era a dicembre, l’ho mancato per poco. Il prossimo è a giugno e dunque starò senza alcolici per sei mesi e la cosa non mi dispiace affatto. La cena scorre bene, tutte persone simpatiche con storie interessanti alle spalle. Sono arrivato da poco e mi diverto, ma la sensazione è che una vita fatta di sole cene con amici/colleghi mi stia stretta. 
Quando tornerò in Europa ascolterò la musica a volume altissimo. 

martedì 18 gennaio 2011

Nouakchott - seconda puntata

Antonio mi ha adottato e mi tratta da fratello maggiore. Un po' è normale aiutare un collega visto che lui è qui da più tempo e conosce i luoghi e le persone. Un po' invece non è normale e sono colpito dalla sua gentilezza. Passiamo molto tempo insieme ed è bello scoprire di avere un amico nascosto in Mauritania che non sapevi.
Antonio però martedì è rimasto bloccato in una riunione e così ho mangiato con Giannina, una ragazza spagnola che lavora a UNIFEM. E' spagnola pure lei e amica di tutti gli altri. Come tutti qui, la comunità degli internazionali è piccola e ci si conosce tutti. Giannina mi porta in un piccolo ristorante senegalese proprio dietro l'ufficio. Quando dico ristorante intendo qualche tavolo di plastica da giardino sotto una veranda all'aperto. Molta luce molte mosche, alla senegalese appunto. Giannina è un'appassionata di Italia, ha studiato in Italia e parla bene italiano ma preferiamo continuare in spagnolo che ormai è la mia prima lingua. Ed è un'amica di amici che conosco a Bruxelles e a Bologna, cosa che mi ci fa ridere del luogo comune su 'quanto è piccolo il mondo'. Rifletto che se mai uno pensasse di nascondersi in Mauritania o chissà dove per stare lontano dal suo mondo rimarrebbe deluso, incontrando ovunque amici di amici. E mentre penso questo ho la sensazione che Giannina, che sorride un po' triste, senta invece il suo mondo troppo lontano. Il ristorante è gestito da due ragazze senegalesi. Si vede che sono senegalesi perché portano i pantaloni e una maglietta sbracciata. Le mauritane sono coperte dalla testa ai piedi di vesti colorate che chiamano 'malehfa'. Dopo pranzo mi avvio verso un palazzo verde non lontano sede di una residenza dove affittano appartamenti. Non posso continuare a occupare casa di Antonio che pure è molto rilassato e disponibile. Per ora sto dormendo su un materasso per terra dentro un sacco a pelo, con i vestiti ancora in valigia. Per quanto sia il letto più comodo in cui abbia dormito da tempo, ho bisogno di trovare un posto per me.
Camminare verso il palazzo verde presenta la stessa scelta di ogni altro percorso: o cammini sulla sabbia come in spiaggia oppure cammini sull'asfalto col rischio di essere investito da un fuoristrada. In Belgio ero abituato a camminare in mezzo alla strada tanto i belgi guidano piano e timorosi. Qui l'asfalto è poco più di un'indicazione di massima, poi ognuno passa con la jeep dove c'è spazio.

All'angolo del palazzo verde incontro Saidu, un ragazzo bassino e nerissimo di Bissau col quale mi diverto a parlare portoghese, che lui ormai mescola col francese più di me. E' un impiegato della residenza verde e mi accompagna dalla direttrice, Mariam. Figlia di ricchi e di famiglia maura (la casta alta) è vestita con un salama rosa, verde e pieno d'oro. Avrà 25 anni massimo e gestisce lei la residenza con piglio da imprenditrice. E' persino brava a negoziare. Concludo silenziosamente che il ruolo della donna in Mauritania è più complesso del previsto, soprattutto nelle caste alte.
Mariam mi fa vedere due appartamenti bellissimi, arredati alla mauritana in salotto e in camera ma all'occidentale in bagno e cucina: lusso puro. E infatti sono molto cari. In lontananza sento il canto dei minareti che annunciano l'ora della preghiera e prego di trovare un appartamento meno caro. 

Di ritorno nella fortezza dell'ONU ho il tempo di gustare un pessimo caffè alla caffetteria interna e subito mi chiamano per il mio security briefing introduttivo. L'ufficiale della sicurezza mi fa riempire un modulo con le seguenti domande: sai usare una radio? Gruppo sanguigno? Hai i diplomi sicurezza dell'ONU? Poi inizia il suo discorso con l'aria di chi lo fa tutti i giorni: "Benvenuto in Mauritania, come stai? Come ti trovi? Ti manca il tuo paese?" (non ho tempo di rispondere) "E' normale che ti manchi il tuo paese, i tuoi amici, la famiglia, che tu ti senta un po' perso" (ormai non voglio deluderlo e resto in ascolto). "Però non preoccuparti, si parla tanto della Mauritania per al Qaida e tante brutte cose ma in realtà qui va tutto abbastanza bene. Quello che voglio dirti io è che qui va tutto sostanzialmente bene, ok? Quindi stai tranquillo, goditi il tuo tempo qui e basta che non esci di casa da solo, che non esci di casa di notte neanche in gruppo, che non prendi taxi, che non mangi in ristoranti all'aperto visto anche quel che è successo a quei francesi in Niger, che se vai in macchina tieni i finestrini alzati, che giri sempre con il tuo badge dell'ONU con te, che non fai niente di pericoloso in generale. E un'altra cosa, ogni martedì ti chiameremo per assicurarci della tua posizione e se esci dalla città prima devi passare da qui, avvisarci e noi ti diamo dei fogli di via in arabo e una radio sulla quale ti chiameremo una volta al giorno per assicurarci che stai bene". Ma non dovevo stare tranquillo? Meno male che tornando in ufficio incontro il milionesimo collega che quando scopre che sono italiano mi distrae sostenendo che i sardi sono in realtà mauritani che sono migrati chissà quante migliaia di anni fa. Mi sembra un'ipotesi di fantasia ma ripenso alla funzionaria (mauritana) che si occupa dei contratti che di cognome fa Graziani. Suo padre è corso, sarà un caso? 

Il lavoro procede bene, anzi no. Ho una marea di cose da studiare e mentre familiarizzo con il contenuto del progetto ho già una scadenza: mi si chiede di produrre un piccolo documento per mercoledì pomeriggio e non so da che parte cominciare. Dopo lavoro mi passa a prendere Abdallahi, presentatomi da amici come agente immobiliare. Ha la pelle chiara, mi passa a prendere in jeep vestito di tessuti azzurri splendenti e capisco subito che è uno della casta più alta. Mentre mi fa fare un giro turistico di zone della città che non conoscevo scopro che Abdallahi è un politico dell'opposizione e deve dunque non avere vita facile. E' stato parlamentare ma ora si è ritirato per occuparsi del suo business di case. Sospetto abbia ricevuto pressioni. Ha vissuto a Roma, Bissau e Parigi e infatti scambiamo due parole in italiano e portoghese, tanto per entrare in confidenza. Il giro continua oltre il check point militare, fuori da Nouakchott verso l'interno. Con Antonio ero andato al mare, dove il deserto è una pianura di roccia e sterpaglia. Con Abdallahi vedo per la prima volta il deserto da cartolina fatto di imponenti e però dolci dune rosse passeggiate da carovane di dromedari. E' una sensazione strana, proprio davanti a me eppure così estraneo. Abdallahi dice che un giro nel deserto è un'esperienza assoluta che ti entra dentro e non esce più. Tornando indietro verso la città mi indica un grande concessionario di auto di lusso rubate in europa che vengono qui smerciate per tutta la regione. Una BMW X5 a 15mila euro, gli affari vanno benissimo.
L'incontro procede alla Mauritana, si parla di tutto tranne che di business, ci si conosce prima. E infatti vengo accolto in casa sua che è una reggia con un giardino curatissimo. Sua moglie è francese e come tale parla dei turisti rapiti e uccisi in Niger. Oggi, come tutti i francesi di Nouakchott, ha ricevuto dalla sua ambasciata l'imperativo di evitare fino a nuovo ordine "tout déplacement sauf pour aller travailler". Finalmente si parla di appartamenti. Ne ha e a un prezzo giusto, ma solo dal primo marzo. Gli farò sapere se decido di prenderlo dal primo marzo. Mille grazie, io andrei. Casa di Antonio sarà a 5 minuti a piedi ma ormai è buio e sono contento che Abdallahi si offra di riaccompagnarmi. 

Nouakchott non è la mia casa e non so se lo diventerà. Però come mi succede sempre nei luoghi in cui sono uno sconosciuto, mi sento a mio agio. Ma forse sono solo appena arrivato.

primi due giorni a Nouakchott

il volo pisa roma è uno spettacolo, non fai in tempo a salire che già scendi. Nel mezzo riesci ad apprezzare la differenza con la ryanair e la bellezza dell'italia. A Roma devo ritirare la valigia e rifare il check in cosa che mi permette di notare che la mia valigia è strappata e presenta un bel buco sulla tasca frontale. Niente di che, ma mi fa riflettere sulle differenze tra Europa e Africa.  

Sul volo Roma Casablanca ho un primo assaggio di un mondo vicino. Intorno a me decide di marocchini che vivono in Italia e che tornano a casa, magari dopo anni. E infatti accanto a me si siede un tipo entusiasta marocchino che vive a Napoli che non vede la famiglia da quattro anni e mi racconta di tutto. Il problema è che mi racconta tutto in un linguaggio tra l'arabo e il napoletano stretto. Faccio molta fatica a seguirlo. 

A Casablanca si percepisce la frontiera. Le infrastrustture sono ancora quelle moderne dell'Europa ma i viaggiatori sono per la maggior parte africani. Mi colpiscono due cose dell'aeroporto. La prima è un adesivo appiccicato dappertutto con scritto "questo aeroporto ha ricevuto la certificazione ISO9001", come fosse un aspirapolvere, la seconda è che l'internet point è accanto alla stanza della preghiera e mentre io controllo le email sento bisbigliare i credenti. 
Sono ancora sul fuso orario di Roma e quindi rischio di perdere l'aereo. Mentre cerco l'uscita giusta mi viene in mente la fila per salire sull'aereo che da Nairobi mi avrebbe portato ad Accra. Su quel volo eravamo in 3 soli bianchi e tutti ci guardavano con quell'aria di "e voi che ci fate qui?". Trovo l'uscita giusta e il panorama è tutto diverso. Il volo Casablanca Nouakchott è pieno di bianchi, soprattutto russi mezzo ubriachi nelle loro camicie lucide.

A Nouakchott si percepisce subito la differenza culturale. Mi ricordo la mia frustrazione in Europa quando scendo dall'aereo e "per la mia sicurezza" non mi lasciano camminare neanche due metri e devo salire su un autobus, aspettare, accalcarmi, poi aspettare ancora. A nouakchott scendi dall'aereo e te la fai a piedi. Verso dove? Quale porta? Nessuno te la indica, chi conosce la strada avanza, gli altri seguono. Entrato nell'aeroporto faccio la fila per le formalità d'ingresso. Ci sono due cabine di controllo passaporti e, tra le due, il corridoio per entrare lungo il quale vari gendarmi armati alternano sguardi di simpatia e rispetto ai potenti locali in arrivo a sguardi severi verso i viaggiatori mauritani meno distinti. Nessuno sembra interessato a me. Quando esco la mia valigia è già lì che mi aspetta. Non sul rullo, che è spento, ma sorvegliata come un tesoro da un ragazzino che, tra i tanti che lavorano come portantini, aveva scelto di occuparsi della mia valigia. E' una valigia con le ruote ma lui insiste nel volerla portare di peso, sperando nella mia generosità. Purtroppo non ho moneta locale. Ah ti vanno bene anche gli euro? Mi spiace ma ho solo biglietti da 20 euro in su. Ci mettiamo d'accordo che la prossima volta che viaggio mi tengo due o tre euro per lui e ci salutiamo. 

Fuori dall'aeroporto mi aspetta Antonio, un ragazzo di 30 anni spagnolo che lavora nel mio stesso ufficio. E' un amico di amici e dalle email sembra simpatico. Intanto so che è gentile visto che mi viene a prendere a mezzanotte passata all'aeroporto e mi ha offerto un letto a casa sua. Quando ci incontriamo la sensazione è subito buona, bella faccia simpatica, capelli lunghi, occhi intelligenti. 
Sul mio stesso volo stava anche un altro amico di Antonio che incontriamo casualmente. E' un francese che lavora da un paio d'anni alla croce rossa di Nouadhibou, nel nord del paese. Arriva tardi la notte e non sa dove dormire così viene con noi da Antonio, proseguirà il suo viaggio il giorno dopo. 

Nouakchott è una città vuota, la Mauritania è un paese vuoto. Un paese tre volte grande come l'Italia abitato da 2 o 3 milioni di persone al massimo. E si vede subito. Come si vede subito anche che Nouakchott è una lotta impari tra il deserto fortissimo e l'uomo che cerca di insinuarsi. Le strade asfaltate sono poche, la sabbia è ovunque, i marciapiedi non esistono. La città e tutto intorno per centinaia di kilometri è una pianura di sabbia e a volte sterpaglia. Solo dentro i recinti delle case private si trova qualche albero e qualche fiore. Ai lati delle strade le capre mangiano l'immondizia. A casa di Antonio parliamo dei francesi rapiti in Niger la settimana prima. Sono stati rapiti in pieno giorno mentre erano al ristorante in piena capitale, un fatto nuovo. Sebastien che è in Mauritania da molto tempo assicura che la situazione nella regione è peggiorata molto. Parliamo di tecniche di sicurezza e del ruolo ambiguo delle ambasciate. Scopro velocemente che questi sono tra i discorsi fatti più spesso dagli occidentali che vivono qui.

Il giorno dopo ci svegliamo presto, dobbiamo andare in ufficio. Passiamo di fronte all'ambasciata francese che prima era un palazzo affacciato sulla strada e ora è circondato da un muro e filo spinato. L'esercito coi mitra è ovunque e pick-up militari girano per le strade con fucilieri in piedi sul portapacchi. Spesso hanno il copricapo touareg che li rende ancora più minacciosi. In giro a piedi solo i locali. Penso al Brasile che ora mi appare ricchissimo. Pieno di contraddizioni ma ricchissimo. In Mauritania non ci sono contraddizioni, sono tutti poveri. Il palazzo dell'ONU è protetto da guardie e circondato da un alto muro di protezione. Per entrare le misure di sicurezza sono strette, almeno questa è l'impressione. In ufficio conosco tutti, un turbinìo di nomi che non ricorderò ma una gerarchia che mi appare subito chiara. Antonio aveva ragione, ognuno lavora in un ufficio individuale, si lavora separatamente. Ci si incontra spesso per chiacchierare ma non di lavoro. Questo vuol dire che dovrò riuscire a motivarmi da solo a fare quel che devo fare. Sarà un bene? Pranziamo all'Istituto francese di cultura, un giardinetto grazioso e all'ombra. I clienti tutti bianchi, i camerieri tutti neri, sembra d'esser tornati alle colonie, i francesi non cambiano mai.
A pranzo oltre a Antonio, che mi sta sempre più simpatico, sono presenti altre tre spagnole. Nouakchott è piena di spagnoli che dopo i francesi sono i più numerosi. Pochissimi italiani. 
Dopo lavoro è ancora caldo e decidiamo d'andare in spiaggia. Antonio si ferma a prendere una sua amica, sempre spagnola, che è qui da un anno. Uscire dalla città è una cosa un po' speciale, ai confini della città c'è un check-point militare dove fare attenzione. Passato quello non c'è più niente, tranne deserto e spiaggia selvaggia. Non c'era nessuno, potevo guardare in ogni direzione ma non c'era niente e nessuno. Solo deserto e oceano. E siamo solo a 15 minuti dalla capitale. Dopo aver cenato in uno stilosissimo ristorante di pesce (che fa anche una buona pizza) siamo andati ad una festa di compleanno dove ho conosciuto altri mille spagnoli. Tutti che lavorano in ONG. Chitarre e canzoni comuniste hanno dominato la serata. I cooperanti sono tutti uguali. 

Il tempo scorre lento a Nouakchott, le giornate lunghissime. Chissà quanto durerà