martedì 18 gennaio 2011

Nouakchott - seconda puntata

Antonio mi ha adottato e mi tratta da fratello maggiore. Un po' è normale aiutare un collega visto che lui è qui da più tempo e conosce i luoghi e le persone. Un po' invece non è normale e sono colpito dalla sua gentilezza. Passiamo molto tempo insieme ed è bello scoprire di avere un amico nascosto in Mauritania che non sapevi.
Antonio però martedì è rimasto bloccato in una riunione e così ho mangiato con Giannina, una ragazza spagnola che lavora a UNIFEM. E' spagnola pure lei e amica di tutti gli altri. Come tutti qui, la comunità degli internazionali è piccola e ci si conosce tutti. Giannina mi porta in un piccolo ristorante senegalese proprio dietro l'ufficio. Quando dico ristorante intendo qualche tavolo di plastica da giardino sotto una veranda all'aperto. Molta luce molte mosche, alla senegalese appunto. Giannina è un'appassionata di Italia, ha studiato in Italia e parla bene italiano ma preferiamo continuare in spagnolo che ormai è la mia prima lingua. Ed è un'amica di amici che conosco a Bruxelles e a Bologna, cosa che mi ci fa ridere del luogo comune su 'quanto è piccolo il mondo'. Rifletto che se mai uno pensasse di nascondersi in Mauritania o chissà dove per stare lontano dal suo mondo rimarrebbe deluso, incontrando ovunque amici di amici. E mentre penso questo ho la sensazione che Giannina, che sorride un po' triste, senta invece il suo mondo troppo lontano. Il ristorante è gestito da due ragazze senegalesi. Si vede che sono senegalesi perché portano i pantaloni e una maglietta sbracciata. Le mauritane sono coperte dalla testa ai piedi di vesti colorate che chiamano 'malehfa'. Dopo pranzo mi avvio verso un palazzo verde non lontano sede di una residenza dove affittano appartamenti. Non posso continuare a occupare casa di Antonio che pure è molto rilassato e disponibile. Per ora sto dormendo su un materasso per terra dentro un sacco a pelo, con i vestiti ancora in valigia. Per quanto sia il letto più comodo in cui abbia dormito da tempo, ho bisogno di trovare un posto per me.
Camminare verso il palazzo verde presenta la stessa scelta di ogni altro percorso: o cammini sulla sabbia come in spiaggia oppure cammini sull'asfalto col rischio di essere investito da un fuoristrada. In Belgio ero abituato a camminare in mezzo alla strada tanto i belgi guidano piano e timorosi. Qui l'asfalto è poco più di un'indicazione di massima, poi ognuno passa con la jeep dove c'è spazio.

All'angolo del palazzo verde incontro Saidu, un ragazzo bassino e nerissimo di Bissau col quale mi diverto a parlare portoghese, che lui ormai mescola col francese più di me. E' un impiegato della residenza verde e mi accompagna dalla direttrice, Mariam. Figlia di ricchi e di famiglia maura (la casta alta) è vestita con un salama rosa, verde e pieno d'oro. Avrà 25 anni massimo e gestisce lei la residenza con piglio da imprenditrice. E' persino brava a negoziare. Concludo silenziosamente che il ruolo della donna in Mauritania è più complesso del previsto, soprattutto nelle caste alte.
Mariam mi fa vedere due appartamenti bellissimi, arredati alla mauritana in salotto e in camera ma all'occidentale in bagno e cucina: lusso puro. E infatti sono molto cari. In lontananza sento il canto dei minareti che annunciano l'ora della preghiera e prego di trovare un appartamento meno caro. 

Di ritorno nella fortezza dell'ONU ho il tempo di gustare un pessimo caffè alla caffetteria interna e subito mi chiamano per il mio security briefing introduttivo. L'ufficiale della sicurezza mi fa riempire un modulo con le seguenti domande: sai usare una radio? Gruppo sanguigno? Hai i diplomi sicurezza dell'ONU? Poi inizia il suo discorso con l'aria di chi lo fa tutti i giorni: "Benvenuto in Mauritania, come stai? Come ti trovi? Ti manca il tuo paese?" (non ho tempo di rispondere) "E' normale che ti manchi il tuo paese, i tuoi amici, la famiglia, che tu ti senta un po' perso" (ormai non voglio deluderlo e resto in ascolto). "Però non preoccuparti, si parla tanto della Mauritania per al Qaida e tante brutte cose ma in realtà qui va tutto abbastanza bene. Quello che voglio dirti io è che qui va tutto sostanzialmente bene, ok? Quindi stai tranquillo, goditi il tuo tempo qui e basta che non esci di casa da solo, che non esci di casa di notte neanche in gruppo, che non prendi taxi, che non mangi in ristoranti all'aperto visto anche quel che è successo a quei francesi in Niger, che se vai in macchina tieni i finestrini alzati, che giri sempre con il tuo badge dell'ONU con te, che non fai niente di pericoloso in generale. E un'altra cosa, ogni martedì ti chiameremo per assicurarci della tua posizione e se esci dalla città prima devi passare da qui, avvisarci e noi ti diamo dei fogli di via in arabo e una radio sulla quale ti chiameremo una volta al giorno per assicurarci che stai bene". Ma non dovevo stare tranquillo? Meno male che tornando in ufficio incontro il milionesimo collega che quando scopre che sono italiano mi distrae sostenendo che i sardi sono in realtà mauritani che sono migrati chissà quante migliaia di anni fa. Mi sembra un'ipotesi di fantasia ma ripenso alla funzionaria (mauritana) che si occupa dei contratti che di cognome fa Graziani. Suo padre è corso, sarà un caso? 

Il lavoro procede bene, anzi no. Ho una marea di cose da studiare e mentre familiarizzo con il contenuto del progetto ho già una scadenza: mi si chiede di produrre un piccolo documento per mercoledì pomeriggio e non so da che parte cominciare. Dopo lavoro mi passa a prendere Abdallahi, presentatomi da amici come agente immobiliare. Ha la pelle chiara, mi passa a prendere in jeep vestito di tessuti azzurri splendenti e capisco subito che è uno della casta più alta. Mentre mi fa fare un giro turistico di zone della città che non conoscevo scopro che Abdallahi è un politico dell'opposizione e deve dunque non avere vita facile. E' stato parlamentare ma ora si è ritirato per occuparsi del suo business di case. Sospetto abbia ricevuto pressioni. Ha vissuto a Roma, Bissau e Parigi e infatti scambiamo due parole in italiano e portoghese, tanto per entrare in confidenza. Il giro continua oltre il check point militare, fuori da Nouakchott verso l'interno. Con Antonio ero andato al mare, dove il deserto è una pianura di roccia e sterpaglia. Con Abdallahi vedo per la prima volta il deserto da cartolina fatto di imponenti e però dolci dune rosse passeggiate da carovane di dromedari. E' una sensazione strana, proprio davanti a me eppure così estraneo. Abdallahi dice che un giro nel deserto è un'esperienza assoluta che ti entra dentro e non esce più. Tornando indietro verso la città mi indica un grande concessionario di auto di lusso rubate in europa che vengono qui smerciate per tutta la regione. Una BMW X5 a 15mila euro, gli affari vanno benissimo.
L'incontro procede alla Mauritana, si parla di tutto tranne che di business, ci si conosce prima. E infatti vengo accolto in casa sua che è una reggia con un giardino curatissimo. Sua moglie è francese e come tale parla dei turisti rapiti e uccisi in Niger. Oggi, come tutti i francesi di Nouakchott, ha ricevuto dalla sua ambasciata l'imperativo di evitare fino a nuovo ordine "tout déplacement sauf pour aller travailler". Finalmente si parla di appartamenti. Ne ha e a un prezzo giusto, ma solo dal primo marzo. Gli farò sapere se decido di prenderlo dal primo marzo. Mille grazie, io andrei. Casa di Antonio sarà a 5 minuti a piedi ma ormai è buio e sono contento che Abdallahi si offra di riaccompagnarmi. 

Nouakchott non è la mia casa e non so se lo diventerà. Però come mi succede sempre nei luoghi in cui sono uno sconosciuto, mi sento a mio agio. Ma forse sono solo appena arrivato.

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