venerdì 25 febbraio 2011

le cose fatte bene


Il lavoro procede più lentamente di quanto vorrei. Un po’ è forse colpa mia, tutto sommato sto ancora imparando. Però ci sono anche degli ostacoli oggettivi. Facciamo un esempio: le riunioni. A Bruxelles se organizzi una riunione alle 5 del pomeriggio va bene a tutti e si presenteranno da te alle 5 meno 10. Qui la prassi è diversa. Una riunione dopo le 3h30 del pomeriggio non è accettabile, anche perché le riunioni iniziano spesso con una mezz’oretta di calma. 

Però poi le cose vengono fatte, non si sa come. C’è una elasticità, una malleabilità mentale che è facile scambiare per pressappochismo. Un esempio: l’altro giorno ero nell’ufficio di un collega e un’assistente lo stava aiutando a mandare un’email che non voleva partire. Sai quando sei convinto d’avere l’indirizzo corretto e la mail ti torna indietro. Chissà com’è chissà perché e tutti ad interrogarsi sul motivo che impediva alla mail di partire. Faccio notare che il server dice che l’indirizzo non è corretto. Dice il collega: ah, allora aspetta provo a mettere le iniziali del nome in maiuscolo o forse ci metto un punto qui o uno spazio lì. Io inorridisco: gli spazi non sono accettati nell’ortografia degli indirizzi email, che peraltro non riconoscono differenze tra maiuscole e minuscole, infine i puntini mica li puoi mettere a caso! Inorridisco ma me ne sto zitto. E meno male, perché una volta aggiustato l’indirizzo con questi arrangiamenti raffazzonati il server ha fatto partire la mail. Sicuramente era un server africano, pressappochista pure lui.

domenica 20 febbraio 2011

l'occhio del ciclone

 Sarà per il rischio terrorismo, sarà perché in questi giorni c’è un summit pan-africano per risolvere la crisi in Cote d’Ivoire, sarà per la paura di rivolte popolari d’importazione egiziana, comunque in tutta la città la presenza militare sta aumentando parecchio. 

L’altro giorno ero a pranzo con gli spagnoli in un ristorante senegalese in centro. A metà pasto arriva l’esercito, 4 uomini in divisa verde, baffetti e AK47 d’ordinanza. A noi europei uno sguardo sommesso e un gesto di saluto; la proprietaria senegalese non è altrettanto rispettata. Documenti prego. Suo marito dov’è, perché non è con lei? Le dispiace se diamo un’occhiata in giro?

Durante la notte nel fine settimana ad ogni incrocio c’è una pattuglia con un fuoristrada di traverso che ferma tutte le auto che passano, torcia elettrica sul viso e poi dentro l’auto. Anche qui, il bianco viene trattato con i guanti, saluti come se foste amici d’infanzia, gran strette di mano e loro son contenti, puoi passare. Non ti chiedono nessun documento, non guardano se hai bevuto o se non hai la cintura. Vogliono sapere se hai esplosivo o armi, ma se sei bianco non c’è pericolo, te la cavi con un sorriso. 

In questi giorni poi il mio quartiere è in subbuglio. Sì, perché il Presidente della Repubblica mauritana è stato nominato dall’Unione Africana come mediatore per risolvere la crisi in Cote d’Ivoire. Perciò a partire da oggi in un hotel di Nouakchott si tiene un summit con tutti i capi di stato e di governo implicati nelle negoziazioni. L’hotel dove si tiene il summit è il palazzo accanto a casa mia. Li vedo dalla finestra. Da ieri e per una settimana l’intero quartiere è l’epicentro dell’Africa politica. E casa mia è il palazzo accanto all’occhio del ciclone. Tutto tranquillo in apparenza ma un gran casino tutto intorno. La presenza militare nei dintorni di casa è imponente quanto disordinata. Comunque è un fiorire di fanteria armata di kalashnikov e a guardare dalla finestra si vedono dei cecchini sui tetti dell’hotel. Aspetta che tiro le tende vah. 

lunedì 14 febbraio 2011

Quattro ruote motrici


Finalmente ho un’auto, una Nissan Terrano II 4x4. La mia padrona di casa ha una figlia che per almeno un altro anno non torna dalla Francia e così abbiamo trovato un accordo. Le pago un fisso ragionevole al mese e uso l’auto della figlia. Da qualche giorno quindi girovago col mio nuovo fuoristrada per tutta Nouakchott. Finalmente inizio a capire dove stanno le cose.



Sabato mattina sono andato al marché capitale a comprarmi un hauli, la sciarpa-turbante di tre metri che si arrotola sulla testa secondo la moda touareg. Per vento e polvere è eccezionale. Contento del prezzo negoziato al ribasso ho offerto un passaggio al mercante che me l’ha venduta. Vai a casa? Dov’è? Ah, quartiere Arafat… ok. Il quartiere Arafat è il più povero della città. Ed è anche il più a sud, dalla parte totalmente opposta a casa mia. È, per capirci, dove è scoppiata l’autobomba due settimane fa. Ormai però ho promesso a Baba che lo accompagno. Mentre siamo per strada il panorama cambia e diventa una baraccopoli. Baba telefona a casa. Parla hassanya ma so cosa sta dicendo. Quando arriviamo, davanti a casa sua si è radunata la famiglia. La moglie, i tre figli piccoli, il padre e il fratello della moglie. È stato Baba ad avvisarli, voleva farsi vedere accompagnato a casa da un toubab, un bianco. Me li presenta tutti uno ad uno, mi promette un prezzaccio se mai volessi acquistare un boubou (l’abito tradizionale mauritano) e ci salutiamo. Riesco incredibilmente a ritrovare la strada verso il centro città, passo da casa e poi vado in spiaggia con amici. Avere la macchina è una svolta!

venerdì 11 febbraio 2011

Che c'è per pranzo?


La Mauritania non esiste. È un paese meticcio, una risultante a metà strada tra il Marocco, il Mali e il Senegal. La popolazione si divide equamente tra magrebini, berberi e neri. L’arabo che si parla qui è un dialetto spurio mischiato col wolof. E il cibo non fa eccezione. 

La cucina mauritana non esiste. Da una parte esiste la cucina povera dei mori magrebini e berberi. Sono popoli tradizionalmente nomadi perciò la loro cucina si limita a carne, latte e datteri. Da bere tè alla menta decotto. Nient’altro. Altrimenti esiste la cucina di derivazione senegalese che a Nouakchott è quella più apprezzata. 

Quello che potremmo definire il piatto nazionale mauritano, che è anche il piatto nazionale senegalese, è il Thiéboudiène, letteralmente riso al pesce in wolof. Ha un letto di riso rosso dal sapore speziato sopra cui viene appoggiata una gran varietà di pesce sia fresco sia essiccato in polpettine e molte verdure stufate. In alternativa al pesce, c’è anche il riso alla carne, preparato allo stesso modo. Si serve tradizionalmente in un grande vassoio circolare da appoggiare al centro del tavolo e da cui tutti mangiano con le mani arrotolando polpettine di riso e pesce. 


Un altro piatto molto comune, sempre senegalese di origine, è lo Yassa poulet. Si fa marinare il pollo tagliato a pezzettini nel succo di molti limoni verdi per almeno una notte intera insieme a olio d’arachidi e diverse spezie e poi si cuoce il tutto in un sughino di cipolle. Accompagnato da riso bianco.


Il contributo moro/berbero alla cucina mauritana è la proibizione della carne suina e l’abbondanza di cous cous, spesso preparato con la carne di dromedario. Salcicce, costolette, salami, mortadelle e prosciutti sono introvabili in Mauritania e bisogna fare senza. Se proprio sentissi il bisogno di mangiare suino, il ristorante italiano offre salcicce di facocero tutto sommato buone. La carne di dromedario, che mi avevano detto essere immangiabile, ha invece un sapore accettabile. Però è di gomma. Tu la mastichi e quella non si riduce e anzi torna sempre nella forma iniziale. Sconsigliata.

lunedì 7 febbraio 2011

Off road


Nouakchott non è sul mare, l’hanno costruita a una decina di kilometri dall’acqua. È una cosa strana, in apparenza. Hai un deserto che ti assedia e decidi di voltare le spalle all’oceano. Eppure a guardar bene per la società nomade berbera l’oceano è la vera barriera mentre il deserto è una via di comunicazione, di commerci. Non a caso Nouakchott negli anni si è ingrandita verso il deserto, perché via via che i nomadi si stanziavano alla periferia della città lo facevano venendo dall’interno. Insomma non ci sono spiagge cittadine e per andare al mare bisogna fare quindici/venti km almeno. Meno male ci sono gli amici e in spiaggia vado con loro.

Ci sono due tipi di spiagge intorno a Nouakchott. Ci sono ottocento kilometri di spiaggia selvaggia, incontaminata e vuota e poi c’è ‘Les Sultanes’ che è quanto di più simile a uno stabilimento balneare la Mauritania abbia da offire. In pratica, una baracca di paglia che fa da bar/ristorante e che affitta sdraio e ombrelloni da piantare a richiesta. È un posto per toubab, per bianchi, si vede dai prezzi e dal fatto che vende bevande alcoliche.

La settimana scorsa, prima dell’attentato e degli scontri a fuoco di questi giorni, ero a Les Sultanes con la solita banda di spagnoli (i quali ho appurato girano sempre in gruppi di almeno dieci). Al bar conosciamo un altro spagnolo che a vederlo così pensi sia un altro di questi loschi trafficanti bianchi che si incontrano spesso qui. E invece è il capo di Coca-Cola Mauritania. Ma le due cose non sono necessariamente in contraddizione. Comunque dopo la giornata di mare ci convince a tornare a Nouakchott passando per la spiaggia invece che per la strada asfaltata, che corre parallela 5 km nell’interno. Dice che lui riconosce il sentiero che alle porte della città bisogna prendere per rientrare in città e che lui col suo 4x4 andrà davanti e noi col nostro possiamo seguirlo. Nel rapido consulto tra noi vengono fuori i seguenti dubbi: non abbiamo esperienza di guida con le ridotte e per di più su sabbia, dune e burroni, è buio ormai e la marea si sta alzando velocemente, se ci assaltano di notte in spiaggia non possiamo sperare nell’aiuto di nessuno, non conosciamo in realtà questo spagnolo che ci ha proposto di formare questa carovana e infine il nostro 4x4 è vecchio e stanco. A tutto questo va aggiunto che per venire in spiaggia siamo passati dal check point militare all’uscita della città e in teoria dovremmo rientrare attraverso un altro check point per segnalare che siamo rientrati in città. Se passiamo dalla spiaggia nessuno saprà che siamo rientrati in città e la polizia potrebbe risentirsi. Ponderati superficialmente i pro e i contro decidiamo che l’avventura vale la pena e affrontiamo la sabbia. In fondo si tratta di pochi kilometri.


Nella mezz’ora di viaggio ci insabbiamo varie volte ma tutto sommato ce la caviamo e anzi c’è da divertirsi. Arriviamo quasi alle porte di Nouakchott quando ci insabbiamo ancora una volta e questa volta la nostra guida non ci aspetta, forse perché ormai eravamo quasi arrivati. Solo che a questo punto non sappiamo più dov’è il sentiero e quindi andiamo dritti fino al porto dei pescatori. Sono quasi le 20h, è l’ora in cui i pescatori tornano dalla giornata con il carico di pesce e mettono a secco le piroghe. Per noi significa fare lo slalom a passo d’uomo tra barche, carriole, bancarelle, montagne di pesce, donne che sedute per terra preparano il tè e bambini che corrono in ogni direzione. Dando meno fastidio possibile usciamo dal mercato e ci infiliamo nel traffico. Ormai siamo arrivati

giovedì 3 febbraio 2011

servirebbe un'auto



A Nouakchott non si cammina. Un po’ per questioni di sicurezza, un po’ perché la città è vasta, un po’ perché camminare sulla sabbia stanca. E tra un paio di mesi quando durante il giorno la temperatura salirà anche oltre i 45° camminerò ancora meno volentieri. Adesso fa fresco. Durante il giorno la temperatura sale a 30° e la notte scende intorno ai 20°. La sera quando esco in maglietta mi diverto a prendere in giro i miei guardiani che dalle quattro del pomeriggio si mettono la giacca a vento imbottita e i guanti di lana.
Loro esagerano ma oggi è successa una cosa inaspettata: la pioggia. In Mauritania ci sono due stagioni, la secca e l’hivernissage da agosto a settembre in cui piove. In gennaio non dovrebbe piovere. Intendiamoci, sono cadute due gocce, roba che a Bruxelles neanche si chiama pioggia anzi probabilmente lì la qualificano come nebbiolina. Però queste due gocce sono bastate per trasformare tutta la sabbia della città in fango. È stato un inferno, non immagino cosa sia la stagione delle piogge.


Comunque il punto è che non avere la macchina è una rottura di scatole. A parte un supermercato e un fastfood halal non ho niente a portata di passeggiata. Durante i giorni lavorativi prendo il taxi per andare e tornare dall’ufficio e la sera non esco: la notte non ci sono taxi e comunque non c’è niente da fare. Durante il fine settimana però non avere la macchina è un handicap. Guidare mi ha sempre aiutato a conoscere le città velocemente e a orientarmi. Certo che comprare una macchina per poi doverla rivendere tra 5 mesi è una follia dal punto di vista finanziario ma soprattutto significa impigliarsi nella burocrazia mauritana. Sto esplorando la possibilità di affittare un’auto per 5 mesi a un prezzo forfaittario, sarebbe una svolta. L’alternativa è comprarsi uno scooter in barba a ogni singola regola di sicurezza del manuale. Affascinante.

Bombe che bussano alla porta

Ieri notte c’è stato un attentato suicida a Nouakchott.

Ecco gli eventi. Due sere fa un’agenzia stampa batte la notizia che alcuni pick-up attribuiti ad al Qaida nel Magreb Islamico (AQMI) hanno forzato un posto di blocco al confine tra Mali e Mauritania. Non si sono fermati all’alt della polizia, hanno risposto al fuoco e sono riusciti a far perdere le loro tracce. La mattina successiva non dovevo andare in ufficio ma in un hotel vicino casa dove era organizzato un team building exercise di tutto l’ufficio. Prima di iniziare, il nostro security officer prende la parola e ci informa di quello che già avevamo letto, arricchendo il racconto di dettagli non pubblicabili. La mattinata procede col lavoro di gruppo senza troppi pensieri, in fondo si tratta di movimenti sospetti ma non ancora di minaccia concreta. Ma la pausa caffè è un fiorire di interpretazioni e ipotesi. Una collega che vive vicino alla residenza del Presidente della Repubblica ci dice d’aver sentito colpi d’arma da fuoco nella notte. Dopo pranzo di nuovo il security officer, in costante collegamento con il ministero degli interni, ci informa degli sviluppi. I pick-up sono quattro, uno è stato neutralizzato sulla route de l’Espoir, nell’est del paese, uno è stato avvistato nel sud, vicino a Rosso ma è riuscito a fuggire e degli altri due non si hanno notizie. Continuiamo a costruire lo spirito di squadra nell’hotel fino alle 17 quando ci salutiamo. Alle 19 vado a giocare a calcio in un campetto (con mura di cinta) proprio accanto alla Delegazione dell’Unione Europea e mentre mi cambio la conversazione con i compagni verte sui movimenti delle ultime ore. Un ragazzo della squadra avversaria, reporter a Nouakchott per un’importante agenzia di stampa internazionale, ci dice che secondo le sue fonti la faccenda è seria. Sono le 21h30 quando sono a casa. Il tempo di una doccia, una cena davanti al pc ed è ora di mettersi a letto. Non ho sonno e mi metto a leggere. Mancano pochi minuti alle 2 quando sento un colpo forte alla porta, una specie di tuono concentrato sul legno della porta. Il primo pensiero è una folata di vento. No, troppo forte. Allora mi alzo e vado a vedere pensando di trovare il cooperante spagnolo del piano di sopra che è svenuto ubriaco davanti al mio terrazzo. Ma niente. Guardo fuori sospettoso ma per quel che vedo la città è tranquilla.
La mattina dopo alle 6h30 mi accorgo di star pensando “che strano suono ha la sveglia stamattina”. Non è la sveglia ma la radio-trasmittente che gracchia codici e chiede risposte. Mentre fornisco il mio codice personale non sono preoccupato, non penso ‘oddio chissà cos’è successo’, non collego il boato della notte con l’attività della radio. Nel dormi-veglia non sono molto reattivo e mi viene in mente solo che ho finito il latte per la colazione. Ma il funzionario gracchia di fretta informazioni incerte. Colpi di fucile, una bomba, alcuni morti, situazione da chiarire, richiameremo più tardi. Vorrei correre su internet ma porca @%&#@* da due giorni la chiavetta non si connette. Mi lavo e telefono a una collega la quale però sa solo quello che so anch’io, anche lei informata (male) dalla radio-trasmittente. Su internet non c’è niente. In televisione niente. Vado nell’hotel dove grazie al wifi mi sento più padrone della situazione. Sono in anticipo di un’ora ma la sala è già popolata da alcuni altri colleghi che hanno forse avuto la stessa idea. Alle 9h30 (finalmente!) il nostro solito security officer ci dà un primo resoconto dei fatti.

Alle 1h50 una delle jeep di AQMI è entrata a Nouakchott ad alta velocità da Sud, non si è fermata al posto di blocco ed è stata quindi inseguita. È seguita quindi una sparatoria ad alta velocità e quando i veicoli militari avevano ormai quasi raggiunto il pick-up kamikaze il conducente di quest’ultimo ha fatto detonare la tonnellata e mezzo di esplosivo che trasportava. Questo è successo a 20km da casa mia, ecco perché la città dalla mia terrazza sembrava tranquilla. Come conseguenza dell’esplosione sono morti i terroristi sul veicolo e sono rimasti feriti dei soldati. Quanti terroristi sono morti è incerto, due o tre secondo le versioni. I soldati feriti oscillano tra sei e dodici, alcuni forse sono morti ma il governo non lo dirà mai.

Poche ore più tardi l’azione viene rivendicata da al Qaida che dichiara apertamente di mirare all’assassinio del Presidente della Repubblica. Il governo tuttavia nel pomeriggio pubblica un messaggio in cui afferma che, avendo interrogato un prigioniero, hanno scoperto che l’obiettivo era una caserma dell’esercito.
Mi salta all’occhio che all’appello manca ancora un ultimo pick-up.