sabato 29 gennaio 2011

Venti digitali di rivoluzione

Da qui non è che abbia un buon punto d’osservazione per seguire gli avvenimenti esteri. La televisione in casa prende soltanto canali in arabo e comunque la televisione mauritana è sotto controllo governativo. Leggo le notizie on line ma la lentezza della connessione mi impedisce di guardare video. Vivo perciò con relativo distacco gli avvenimenti in Tunisia, Algeria, Egitto e Yemen. Leggo tutto ma, abituato come sono ad un continuo flusso di video d’informazione e reportage, non sento lo stesso peso specifico degli eventi per quanto riconosca il momento storico.

I miei amici mi chiedono se la stessa cosa potrebbe succedere qui. Non so rispondere, il presidente sembra avere il controllo saldo e la popolazione non sembra aver voglia di rivoltarsi. Ma non è quello che si pensava della Tunisia e dell’Egitto?

I giornali dicono che queste rivoluzioni sono organizzate su twitter e si propagano via facebook. Spero sia vero, è bello vedere che internet può davvero essere uno strumento di libertà ed espressione popolare. In Mauritania sia facebook che twitter sono permessi ed infatti l’uomo che la scorsa settimana si è dato la morte incendiandosi dentro la propria auto ha lasciato il suo messaggio di addio su facebook.

In attesa di vedere se i mauritani faranno come i tunisini e gli egiziani rifletto sulla modernità che arriva tutta insieme via internet. Tante persone che non sono mai uscite dal paese hanno improvvisamente accesso a tutto quel che c’è su internet ed è un’overdose di libertà che provoca effetti strani ma divertenti. L’altro giorno passeggiavo verso casa di un amico e su un muro ho visto un graffito che leggeva “G-Unit represents”, tipico slang da rapper americani. Dimmi te che c'entra. Ogni tanto in giro si vedono ragazze more (le arabe, per distinguerle dalle nere) vestite mischiando l'abito tradizionale e lo stile di Miami Beach. Ma il caso più divertente è quello di un ragazzo nero che vedo sempre all’incrocio davanti a casa mia dove vedo sempre la stessa decina di persone a chiedere l’elemosina. Questo ragazzo sui 20 è lì che gira per le macchine spingendo sua nonna in carrozzella. La nonna è vestita alla mauritana e porge il palmo per ricevere monete, il ragazzo è vestito come Kanye West in concerto al Madison Square Garden e ascolta la musica con un lettore mp3.

In attesa della rivoluzione la nuova generazione di Nouakchott è pronta per  una discoteca e un MacDonald's, purché halal.

mercoledì 26 gennaio 2011

Mazzi di soldi


Ormai sono ben sistemato. Ripenso con sollievo ai primissimi giorni e agli ostacoli che ti si parano davanti quando arrivi a Nouakchott.

Ad esempio i soldi. Le banche in europa non hanno valuta mauritana, le ougiya. Le devi comprare una volta qui. E come le compri? Certo non puoi semplicemente ritirare al bancomat, la carta europea non funziona. Potresti ritirare con la carta di credito, in teoria. Ci sono 2 banche che permettono di ritirare ougiya con carte di credito internazionali. Ci sono stato varie volte, la societé générale non accetta Mastercard, la BNP sì ma è fuori uso. Chiedo al guardiano da quanto tempo è fuori uso lo sportello, risponde confuso che non si ricorda, buon segno! Se hai euro in tasca puoi sempre andare al mercato del pesce a cambiarli dai baracchini agli angoli delle strade, pare che applichino un tasso ragionevole. Ma l’idea di andare al mercato più disordinato del pianeta con in tasca centinaia di euro non mi sembra intelligente. Gli amici si offrono di anticiparmi qualcosa e sicuramente fa comodo. Accetto ma si tratta di poca roba tanto per mangiare. Presto però avrei avuto bisogno di pagare l’affitto. 

Insomma avevo bisogno di cash. Fortunatamente sono venuto a sapere da un tipo che conosce un tipo che c’è un altro tipo (italiano) che vive qui da molti anni e che fa quello che qui tutti chiamano ‘la mafia dei soldi’. In pratica, tu gli fai un bonifico in europa e lui ti dà l’equivalente in ougiya. Lo incontro, è molto gentile e qualunque cosa gli chieda la sua risposta è “non c’è nessunissimo problema”. Il giorno dopo avevo mille euro in moneta locale in mano. Lo scambio è avvenuto al bar del centro culturale francese. Nella borsa un grosso sacchetto di carta gialla. Nel sacchetto di carta vari mazzi di banconote (spessore 5 centimetri). E’ chiaro, 1000€ cambiati in ougiya fa circa quattro kili di banconote. Rifletto su quale sia l’interesse del tipo e credo di trovare la risposta. Dato che è proibito portare fuori dal paese valuta locale per lui è un ottimo modo per mettere al sicuro dei soldi, in Europa.

Ottimo questo sistema ma tutto sommato preferisco non fare così ogni mese. Perciò vado a vedere l’ufficio amministrativo e concordiamo che mi daranno una parte del salario in ougiya. Ottengo nella stessa conversazione anche un telefono dell’ufficio e una chiavetta usb 3G per andare su internet da casa. Che comodità. 

lunedì 24 gennaio 2011

Pace apparente

La mattina vado a lavoro in taxi. Oddio, chiamarli taxi è troppo. Esco di casa e mi avvio sulla sabbia che fa da marciapiede. Praticamente tutte le auto che passano strombazzano e rallentano offrendosi di accompagnarmi. Faccio un cenno con la testa, si fermano, salgo, stringo la mano e concordo il prezzo. In realtà non è necessario, dovunque voglia andare sarò accompagnato per 200 ougiya, circa 50 centesimi di euro. Il prezzo è ormai uno standard per tutta la città ma è sempre bene mettere le cose in chiaro dall’inizio, in fin dei conti sono sempre un toubab, un bianco, e l’autista di turno potrebbe sentirsi legittimato a chiedere di più.

Naturalmente questo metodo per il trasporto urbano è ‘sconsigliato’ dalle direttive per la sicurezza del personale ONU. Ma l’alternativa è andare a piedi e quello è ancora più sconsigliato, perciò vedano un po’ loro. E poi lo fanno tutti e basta stare un minimo attenti. Quando si ferma la macchina controllo un po’ la faccia di chi guida, evito le auto affollate, prediligo le auto con una donna a bordo (in presenza di una donna non si può certo fare azioni violente).

Il taxi mi lascia proprio davanti alla porta di accesso all’ufficio ma spesso mi fermo al caffè tunisino che è all’angolo a fare colazione. La zona è popolata da bambini sui 9 anni sporchi e a piedi nudi che chiedono l’elemosina. Sono le scuole coraniche che li mandano in queste condizioni a mendicare e la cosa non mi piace neanche un po’. Mi dispiace non vi do niente.

Il lavoro inizia ad appassionarmi, sono davvero molto contento d’esser qui. Sto ancora leggendo e ci sono anche un milione di cose che non so ma sto iniziando ad imparare, anche grazie ai consigli di una collega italiana molto brava, molto intelligente e gentile. E poi ho vinto la timidezza iniziale e quando non so bene la procedura, la chiedo al mio assistente. E’ che non sono abituato ad avere un assistente ma ci sto facendo il callo. Gestisco il progetto di sviluppo parlamentare del parlamento mauritano e quindi passerò molto del mio tempo sia al senato sia alla camera. L’altro giorno ci sono andato per la prima volta con il mio capo che mi ha presentato alle persone con cui dovrò lavorare. I miei contatti sono i presidenti dei gruppi parlamentari, i direttori del servizio legislativo delle due camere e i direttori generali delle due istituzioni: sono un attimo intimorito. Il capo mi presenta come l’esperto internazionale di sviluppo parlamentare che è qui per seguire il progetto. Sprofondo nella sedia, ora che gli dico io a questi? Che ne so io della loro istituzione? OK ho letto il manuale, conosco la letteratura ma questi sono come gli squali, sentono l’odore del sangue da lontano. Speriamo bene.

Il Senato non è lontano dall’ufficio ma ci vogliono comunque 10 minuti in macchina. Il tragitto è gradevole dal finestrino del passeggero. L’autista guida sicuro la jeep bianca con la scritta blu e siamo veloci di ritorno. Per entrare nel parcheggio dell’ufficio assisto ad una procedura che non avevo ancora visto. La macchina viene tenuta in quarantena per un paio di minuti – con noi dentro  – mentre agenti della sicurezza si assicurano che nessuno abbia istallato una bomba a bordo. Mi sembra tutto ridicolo e ci rido su. Tuttavia il giorno dopo, proprio davanti al Senato dove ero il giorno prima, un uomo si dà la morte incendiandosi all’interno della sua auto per protesta contro il governo e il regime mauritano.

E’ strano perché la sensazione in giro è di libertà e relativa pace, non sento forti le tensioni che invece ci sono.





giovedì 20 gennaio 2011

vita sociale a basso volume


Durante il weekend ho trovato casa  e mi ci trasferisco ad inizio settimana dopo due settimane intere da Antonio. E’ un piccolo appartamento ammobiliato al primo piano di una bella casa piena di alberi. Proprio quello che mi serviva. Ha pure la lavatrice e una terrazza privata orientata a est dove fare colazione al sole diventerà un mio piacere quotidiano. L’indirizzo è rue de l’Ambassade du Senegal, poco dopo l’épicerie Banablanc. E’ un indirizzo già molto preciso perché la strada ha un nome. La maggior parte delle strade qui non ha nome. L’indirizzo dell’ufficio è: di fronte al commissariato Tevragh Zeina. L’indirizzo di casa di Antonio è: dietro la pizzeria Mamma Mia, sul goudron verso lo stadio (goudron significa strada alfaltata).

I giorni scorsi sono stati l’occasione per capire meglio come funziona la vita sociale qui. Nella Repubblica Islamica di Mauritania l’alcohol è proibito e la vita notturna ne risente. C’è un solo pub, che mi dicono essere gestito da un libanese, e un solo locale notturno che si vanta d’essere una discoteca ma ancora devo vedere per credere. In questa penuria la vita sociale fiorisce nelle case private dove più che altro si organizzano cene. Giannina ha organizzato una cena molto carina a casa sua dove il vino e la birra abbondavano. Ho scoperto così il sistema delle quote. In pratica ogni straniero che risiede qui ha diritto ad una certa quantità di bevande alcoliche che può acquistare direttamente all’ambasciata francese due volte l’anno. L’appuntamento era a dicembre, l’ho mancato per poco. Il prossimo è a giugno e dunque starò senza alcolici per sei mesi e la cosa non mi dispiace affatto. La cena scorre bene, tutte persone simpatiche con storie interessanti alle spalle. Sono arrivato da poco e mi diverto, ma la sensazione è che una vita fatta di sole cene con amici/colleghi mi stia stretta. 
Quando tornerò in Europa ascolterò la musica a volume altissimo. 

martedì 18 gennaio 2011

Nouakchott - seconda puntata

Antonio mi ha adottato e mi tratta da fratello maggiore. Un po' è normale aiutare un collega visto che lui è qui da più tempo e conosce i luoghi e le persone. Un po' invece non è normale e sono colpito dalla sua gentilezza. Passiamo molto tempo insieme ed è bello scoprire di avere un amico nascosto in Mauritania che non sapevi.
Antonio però martedì è rimasto bloccato in una riunione e così ho mangiato con Giannina, una ragazza spagnola che lavora a UNIFEM. E' spagnola pure lei e amica di tutti gli altri. Come tutti qui, la comunità degli internazionali è piccola e ci si conosce tutti. Giannina mi porta in un piccolo ristorante senegalese proprio dietro l'ufficio. Quando dico ristorante intendo qualche tavolo di plastica da giardino sotto una veranda all'aperto. Molta luce molte mosche, alla senegalese appunto. Giannina è un'appassionata di Italia, ha studiato in Italia e parla bene italiano ma preferiamo continuare in spagnolo che ormai è la mia prima lingua. Ed è un'amica di amici che conosco a Bruxelles e a Bologna, cosa che mi ci fa ridere del luogo comune su 'quanto è piccolo il mondo'. Rifletto che se mai uno pensasse di nascondersi in Mauritania o chissà dove per stare lontano dal suo mondo rimarrebbe deluso, incontrando ovunque amici di amici. E mentre penso questo ho la sensazione che Giannina, che sorride un po' triste, senta invece il suo mondo troppo lontano. Il ristorante è gestito da due ragazze senegalesi. Si vede che sono senegalesi perché portano i pantaloni e una maglietta sbracciata. Le mauritane sono coperte dalla testa ai piedi di vesti colorate che chiamano 'malehfa'. Dopo pranzo mi avvio verso un palazzo verde non lontano sede di una residenza dove affittano appartamenti. Non posso continuare a occupare casa di Antonio che pure è molto rilassato e disponibile. Per ora sto dormendo su un materasso per terra dentro un sacco a pelo, con i vestiti ancora in valigia. Per quanto sia il letto più comodo in cui abbia dormito da tempo, ho bisogno di trovare un posto per me.
Camminare verso il palazzo verde presenta la stessa scelta di ogni altro percorso: o cammini sulla sabbia come in spiaggia oppure cammini sull'asfalto col rischio di essere investito da un fuoristrada. In Belgio ero abituato a camminare in mezzo alla strada tanto i belgi guidano piano e timorosi. Qui l'asfalto è poco più di un'indicazione di massima, poi ognuno passa con la jeep dove c'è spazio.

All'angolo del palazzo verde incontro Saidu, un ragazzo bassino e nerissimo di Bissau col quale mi diverto a parlare portoghese, che lui ormai mescola col francese più di me. E' un impiegato della residenza verde e mi accompagna dalla direttrice, Mariam. Figlia di ricchi e di famiglia maura (la casta alta) è vestita con un salama rosa, verde e pieno d'oro. Avrà 25 anni massimo e gestisce lei la residenza con piglio da imprenditrice. E' persino brava a negoziare. Concludo silenziosamente che il ruolo della donna in Mauritania è più complesso del previsto, soprattutto nelle caste alte.
Mariam mi fa vedere due appartamenti bellissimi, arredati alla mauritana in salotto e in camera ma all'occidentale in bagno e cucina: lusso puro. E infatti sono molto cari. In lontananza sento il canto dei minareti che annunciano l'ora della preghiera e prego di trovare un appartamento meno caro. 

Di ritorno nella fortezza dell'ONU ho il tempo di gustare un pessimo caffè alla caffetteria interna e subito mi chiamano per il mio security briefing introduttivo. L'ufficiale della sicurezza mi fa riempire un modulo con le seguenti domande: sai usare una radio? Gruppo sanguigno? Hai i diplomi sicurezza dell'ONU? Poi inizia il suo discorso con l'aria di chi lo fa tutti i giorni: "Benvenuto in Mauritania, come stai? Come ti trovi? Ti manca il tuo paese?" (non ho tempo di rispondere) "E' normale che ti manchi il tuo paese, i tuoi amici, la famiglia, che tu ti senta un po' perso" (ormai non voglio deluderlo e resto in ascolto). "Però non preoccuparti, si parla tanto della Mauritania per al Qaida e tante brutte cose ma in realtà qui va tutto abbastanza bene. Quello che voglio dirti io è che qui va tutto sostanzialmente bene, ok? Quindi stai tranquillo, goditi il tuo tempo qui e basta che non esci di casa da solo, che non esci di casa di notte neanche in gruppo, che non prendi taxi, che non mangi in ristoranti all'aperto visto anche quel che è successo a quei francesi in Niger, che se vai in macchina tieni i finestrini alzati, che giri sempre con il tuo badge dell'ONU con te, che non fai niente di pericoloso in generale. E un'altra cosa, ogni martedì ti chiameremo per assicurarci della tua posizione e se esci dalla città prima devi passare da qui, avvisarci e noi ti diamo dei fogli di via in arabo e una radio sulla quale ti chiameremo una volta al giorno per assicurarci che stai bene". Ma non dovevo stare tranquillo? Meno male che tornando in ufficio incontro il milionesimo collega che quando scopre che sono italiano mi distrae sostenendo che i sardi sono in realtà mauritani che sono migrati chissà quante migliaia di anni fa. Mi sembra un'ipotesi di fantasia ma ripenso alla funzionaria (mauritana) che si occupa dei contratti che di cognome fa Graziani. Suo padre è corso, sarà un caso? 

Il lavoro procede bene, anzi no. Ho una marea di cose da studiare e mentre familiarizzo con il contenuto del progetto ho già una scadenza: mi si chiede di produrre un piccolo documento per mercoledì pomeriggio e non so da che parte cominciare. Dopo lavoro mi passa a prendere Abdallahi, presentatomi da amici come agente immobiliare. Ha la pelle chiara, mi passa a prendere in jeep vestito di tessuti azzurri splendenti e capisco subito che è uno della casta più alta. Mentre mi fa fare un giro turistico di zone della città che non conoscevo scopro che Abdallahi è un politico dell'opposizione e deve dunque non avere vita facile. E' stato parlamentare ma ora si è ritirato per occuparsi del suo business di case. Sospetto abbia ricevuto pressioni. Ha vissuto a Roma, Bissau e Parigi e infatti scambiamo due parole in italiano e portoghese, tanto per entrare in confidenza. Il giro continua oltre il check point militare, fuori da Nouakchott verso l'interno. Con Antonio ero andato al mare, dove il deserto è una pianura di roccia e sterpaglia. Con Abdallahi vedo per la prima volta il deserto da cartolina fatto di imponenti e però dolci dune rosse passeggiate da carovane di dromedari. E' una sensazione strana, proprio davanti a me eppure così estraneo. Abdallahi dice che un giro nel deserto è un'esperienza assoluta che ti entra dentro e non esce più. Tornando indietro verso la città mi indica un grande concessionario di auto di lusso rubate in europa che vengono qui smerciate per tutta la regione. Una BMW X5 a 15mila euro, gli affari vanno benissimo.
L'incontro procede alla Mauritana, si parla di tutto tranne che di business, ci si conosce prima. E infatti vengo accolto in casa sua che è una reggia con un giardino curatissimo. Sua moglie è francese e come tale parla dei turisti rapiti e uccisi in Niger. Oggi, come tutti i francesi di Nouakchott, ha ricevuto dalla sua ambasciata l'imperativo di evitare fino a nuovo ordine "tout déplacement sauf pour aller travailler". Finalmente si parla di appartamenti. Ne ha e a un prezzo giusto, ma solo dal primo marzo. Gli farò sapere se decido di prenderlo dal primo marzo. Mille grazie, io andrei. Casa di Antonio sarà a 5 minuti a piedi ma ormai è buio e sono contento che Abdallahi si offra di riaccompagnarmi. 

Nouakchott non è la mia casa e non so se lo diventerà. Però come mi succede sempre nei luoghi in cui sono uno sconosciuto, mi sento a mio agio. Ma forse sono solo appena arrivato.

primi due giorni a Nouakchott

il volo pisa roma è uno spettacolo, non fai in tempo a salire che già scendi. Nel mezzo riesci ad apprezzare la differenza con la ryanair e la bellezza dell'italia. A Roma devo ritirare la valigia e rifare il check in cosa che mi permette di notare che la mia valigia è strappata e presenta un bel buco sulla tasca frontale. Niente di che, ma mi fa riflettere sulle differenze tra Europa e Africa.  

Sul volo Roma Casablanca ho un primo assaggio di un mondo vicino. Intorno a me decide di marocchini che vivono in Italia e che tornano a casa, magari dopo anni. E infatti accanto a me si siede un tipo entusiasta marocchino che vive a Napoli che non vede la famiglia da quattro anni e mi racconta di tutto. Il problema è che mi racconta tutto in un linguaggio tra l'arabo e il napoletano stretto. Faccio molta fatica a seguirlo. 

A Casablanca si percepisce la frontiera. Le infrastrustture sono ancora quelle moderne dell'Europa ma i viaggiatori sono per la maggior parte africani. Mi colpiscono due cose dell'aeroporto. La prima è un adesivo appiccicato dappertutto con scritto "questo aeroporto ha ricevuto la certificazione ISO9001", come fosse un aspirapolvere, la seconda è che l'internet point è accanto alla stanza della preghiera e mentre io controllo le email sento bisbigliare i credenti. 
Sono ancora sul fuso orario di Roma e quindi rischio di perdere l'aereo. Mentre cerco l'uscita giusta mi viene in mente la fila per salire sull'aereo che da Nairobi mi avrebbe portato ad Accra. Su quel volo eravamo in 3 soli bianchi e tutti ci guardavano con quell'aria di "e voi che ci fate qui?". Trovo l'uscita giusta e il panorama è tutto diverso. Il volo Casablanca Nouakchott è pieno di bianchi, soprattutto russi mezzo ubriachi nelle loro camicie lucide.

A Nouakchott si percepisce subito la differenza culturale. Mi ricordo la mia frustrazione in Europa quando scendo dall'aereo e "per la mia sicurezza" non mi lasciano camminare neanche due metri e devo salire su un autobus, aspettare, accalcarmi, poi aspettare ancora. A nouakchott scendi dall'aereo e te la fai a piedi. Verso dove? Quale porta? Nessuno te la indica, chi conosce la strada avanza, gli altri seguono. Entrato nell'aeroporto faccio la fila per le formalità d'ingresso. Ci sono due cabine di controllo passaporti e, tra le due, il corridoio per entrare lungo il quale vari gendarmi armati alternano sguardi di simpatia e rispetto ai potenti locali in arrivo a sguardi severi verso i viaggiatori mauritani meno distinti. Nessuno sembra interessato a me. Quando esco la mia valigia è già lì che mi aspetta. Non sul rullo, che è spento, ma sorvegliata come un tesoro da un ragazzino che, tra i tanti che lavorano come portantini, aveva scelto di occuparsi della mia valigia. E' una valigia con le ruote ma lui insiste nel volerla portare di peso, sperando nella mia generosità. Purtroppo non ho moneta locale. Ah ti vanno bene anche gli euro? Mi spiace ma ho solo biglietti da 20 euro in su. Ci mettiamo d'accordo che la prossima volta che viaggio mi tengo due o tre euro per lui e ci salutiamo. 

Fuori dall'aeroporto mi aspetta Antonio, un ragazzo di 30 anni spagnolo che lavora nel mio stesso ufficio. E' un amico di amici e dalle email sembra simpatico. Intanto so che è gentile visto che mi viene a prendere a mezzanotte passata all'aeroporto e mi ha offerto un letto a casa sua. Quando ci incontriamo la sensazione è subito buona, bella faccia simpatica, capelli lunghi, occhi intelligenti. 
Sul mio stesso volo stava anche un altro amico di Antonio che incontriamo casualmente. E' un francese che lavora da un paio d'anni alla croce rossa di Nouadhibou, nel nord del paese. Arriva tardi la notte e non sa dove dormire così viene con noi da Antonio, proseguirà il suo viaggio il giorno dopo. 

Nouakchott è una città vuota, la Mauritania è un paese vuoto. Un paese tre volte grande come l'Italia abitato da 2 o 3 milioni di persone al massimo. E si vede subito. Come si vede subito anche che Nouakchott è una lotta impari tra il deserto fortissimo e l'uomo che cerca di insinuarsi. Le strade asfaltate sono poche, la sabbia è ovunque, i marciapiedi non esistono. La città e tutto intorno per centinaia di kilometri è una pianura di sabbia e a volte sterpaglia. Solo dentro i recinti delle case private si trova qualche albero e qualche fiore. Ai lati delle strade le capre mangiano l'immondizia. A casa di Antonio parliamo dei francesi rapiti in Niger la settimana prima. Sono stati rapiti in pieno giorno mentre erano al ristorante in piena capitale, un fatto nuovo. Sebastien che è in Mauritania da molto tempo assicura che la situazione nella regione è peggiorata molto. Parliamo di tecniche di sicurezza e del ruolo ambiguo delle ambasciate. Scopro velocemente che questi sono tra i discorsi fatti più spesso dagli occidentali che vivono qui.

Il giorno dopo ci svegliamo presto, dobbiamo andare in ufficio. Passiamo di fronte all'ambasciata francese che prima era un palazzo affacciato sulla strada e ora è circondato da un muro e filo spinato. L'esercito coi mitra è ovunque e pick-up militari girano per le strade con fucilieri in piedi sul portapacchi. Spesso hanno il copricapo touareg che li rende ancora più minacciosi. In giro a piedi solo i locali. Penso al Brasile che ora mi appare ricchissimo. Pieno di contraddizioni ma ricchissimo. In Mauritania non ci sono contraddizioni, sono tutti poveri. Il palazzo dell'ONU è protetto da guardie e circondato da un alto muro di protezione. Per entrare le misure di sicurezza sono strette, almeno questa è l'impressione. In ufficio conosco tutti, un turbinìo di nomi che non ricorderò ma una gerarchia che mi appare subito chiara. Antonio aveva ragione, ognuno lavora in un ufficio individuale, si lavora separatamente. Ci si incontra spesso per chiacchierare ma non di lavoro. Questo vuol dire che dovrò riuscire a motivarmi da solo a fare quel che devo fare. Sarà un bene? Pranziamo all'Istituto francese di cultura, un giardinetto grazioso e all'ombra. I clienti tutti bianchi, i camerieri tutti neri, sembra d'esser tornati alle colonie, i francesi non cambiano mai.
A pranzo oltre a Antonio, che mi sta sempre più simpatico, sono presenti altre tre spagnole. Nouakchott è piena di spagnoli che dopo i francesi sono i più numerosi. Pochissimi italiani. 
Dopo lavoro è ancora caldo e decidiamo d'andare in spiaggia. Antonio si ferma a prendere una sua amica, sempre spagnola, che è qui da un anno. Uscire dalla città è una cosa un po' speciale, ai confini della città c'è un check-point militare dove fare attenzione. Passato quello non c'è più niente, tranne deserto e spiaggia selvaggia. Non c'era nessuno, potevo guardare in ogni direzione ma non c'era niente e nessuno. Solo deserto e oceano. E siamo solo a 15 minuti dalla capitale. Dopo aver cenato in uno stilosissimo ristorante di pesce (che fa anche una buona pizza) siamo andati ad una festa di compleanno dove ho conosciuto altri mille spagnoli. Tutti che lavorano in ONG. Chitarre e canzoni comuniste hanno dominato la serata. I cooperanti sono tutti uguali. 

Il tempo scorre lento a Nouakchott, le giornate lunghissime. Chissà quanto durerà