il bello del mio ufficio è che la maggior parte di chi ci lavora è mauritano. Succede a volte che dei colleghi mi invitino a mangiare a casa loro, che è un bel modo di entrare dritti dritti nelle stanze di vita quotidiana mauritana.
Tempo fa sono stato ad un pranzo divertente, sorprendente. Una collega maura ha invitato una sua cugina, due sue amiche maure e tre colleghi italiani tra cui me. Totale di cinque donne e due uomini.
Visto che l'alcohol è vietato, a pranzo si arriva di solito con dei pasticcini o del gelato. Ma qualunque cosa si porti verrà dispersa nell'opulenza che viene mostrata sulla tavola imbandita ogni volta che un mauro ti invita a casa sua.
Comunque dessert alla mano mi presento a casa della nostra ospite in compagnia degli altri italiani. Più che di una semplice casa, si tratta di una proprietà circondata da un muro di cinta al cui interno, nascoste da un lussurreggiante giardino, si ergono alcune costruzioni indipendenti. Una grande casa in mezzo al parco e diverse casette più piccole disperse tra gli alberi. E' un'architettura che interpreta la società tribale. Nella grande casa sta il maschio dominante con la sua famiglia più stretta e nelle case satellite stanno i cugini e i familiari meno importanti. Tutti vivono vicini, circondati dallo stesso muro di protezione in una sorta di villaggio familiare. Di queste costruzioni ce ne sono molte in città, una per ogni famiglia ricca, e ospitano decine di persone.
Tolte le scarpe all'ingresso, siamo accolti nel salotto principale dove resteremo tutto il pomeriggio. Il giro della casa non è previsto, soprattutto per un motivo pratico. Se girassimo per le stanze dovremmo esser presentati a un sacco di persone e, considerato il cerimoniale da seguire ogni volta, ci servirebbero delle ore.
Il salotto è ricoperto dagli immancabili tappeti e lungo tutte le pareti è appoggiato un lunghissimo divano arricchito da ricami in oro e da una buffa radio incastonata in un angolo, un po' anni '70. Al centro un tavolo basso rotondo e qua e là dei carrelli colmi di bibite e datteri.
Tranne la collega italiana, le donne sono tutte vestite con la melahfa, il velo integrale tradizionale. Facciamo un po' conversazione, beviamo qualcosa e presto viene il momento di mettersi a tavola. Prima di mangiare passa un servitore con una caraffa d'acqua e un recipiente d'argento sul quale è appoggiato un sapone. Si mangia con le mani e quindi a turno ce le laviamo mentre il ragazzo si china per versarci l'acqua.
Il piatto unico è il thièboudien, il riso al pesce e verdure, servito in una grande padella al centro del tavolo da cui tutti si servono. E' un po' scomodo stare seduti a terra e mangiare ad un tavolo basso, purtroppo non sono capace di stare nella posizione del loto.
Dopo il pasto la servitù toglie la padellona, ripassa per farci lavare le mani e porta i piatti con i dessert. Ed è a questo punto che si sente che l'atmosfera si rilassa e la compagnia si fa più aperta, più intima. Mentre beviamo il tè alla menta la conversazione scorre veloce come tra amici di sempre. La nostra ospite e le sue amiche maure iniziano a parlarci come si parlano tra loro in confidenza e noi italiani ci troviamo nel bel mezzo di un pomeriggio di ciane tra ragazze.
Tra i ricordi della loro adolescenza e lo strano gossip di una società tribale le donne maure stupiscono per...diciamo sfrontatezza. Senza mai rinnegare apertamente la religione parlano a lungo dei loro rapporti sessuali prematrimoniali, extraconiugali, impropri. Raccontano barzellette così sfrontatamente volgari da non fare ridere. Mentre parlano fumano ma quando la madre fa capolino nella sala le sigarette spariscono frettolosamente, non sta bene che una donna fumi, soprattutto in presenza di uomini.
Noi occidentali siamo sorpresissimi della naturalezza con cui esprimono la loro emancipazione, come se non vedessero le stridenti contraddizioni, l'ipocrisia del nascondersi per "rispetto" della religione. Soprattutto siamo sorpresi che si mostrino così a noi che tutto sommato siamo estranei. Ma non siamo musulmani né arabi quindi nessun problema.
Sono le 18h, il tè è finito e il gelato avanzato si è sciolto. E' ora di tornare ognuno a casa sua, domani si lavora.